Storie di Economia Circolare: AEC incontra Alpe Tognola

28 febbraio 2022 / Elena Masia

CATEGORIA: Sviluppo Sostenibile, economia circolare, AEC Incontra

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La montagna oggi deve fare i conti con alcune criticità sempre più rilevanti come la mancanza di servizi essenziali, lo spopolamento dei territori - e il loro conseguente degrado -, o ancora, la tutela della biodiversità e il ripensamento di nuove forme di turismo…

L’ONU ha dichiarato il 2022 Anno internazionale per lo sviluppo sostenibile della montagna e delle Terre alte.

Ma come si fa a creare sviluppo in modo sostenibile, e per di più ad alta quota? Ne abbiamo parlato con Valeria Ghezzi, Chief Executive Funivie Seggiovie San Martino Srl, Presidente dell’Associazione Nazionale Esercenti Funiviari - ANEF e Vicepresidente Federturismo Confindustria.

Ecco le considerazioni che abbiamo tratto da questo incontro.

Buona lettura!

Partiamo da alcune note a margine, utili a comprendere il contesto di riferimento.

Cosa si intende per montagna

Dal punto di vista altimetrico si possono distinguere tre “tipi di montagne”: alta montagna sopra ai 1.500 metri s.l.m., bassa e media montagna, nella quota compresa tra i 600 - 1.500 m s.l.m., e collina sotto i 600 metri (700 per l’Italia centro-meridionale e insulare).

Se consideriamo l’aspetto orografico, invece, l’ISTAT rileva che l’Italia è costituita prevalentemente da un territorio collinare (41,6%) e montano (35,2%), mentre la pianura si aggiudica solo il 23,2 % di superficie complessiva, accogliendo, però, il 48,7% della popolazione totale (contro il 12,4% della montagna).

Definire in modo univoco cosa si intenda per “montagna” è affare complicato, giacché l’ultima definizione normativa risale alla legge n°991 del 1952, abrogata dalla L.142/1990 TUEL e non più riformulata (salvo riferimenti ad hoc successivi, come ricorda ASVIS ne Le aree interne e la montagna per lo sviluppo sostenibile. Position Paper Gruppo di lavoro Goal 11, gennaio 2022).

Potrebbe forse tornare utile la definizione elaborata dall’Ente Italiano per la Montagna (EIM) – ormai soppresso - che indicava un territorio montano come “quello il cui Comune fosse situato per il 70% della superficie al di sopra dei 500 metri (600 per le regioni alpine), e in cui il 30% del territorio presentasse una pendenza superiore al 20%” (cfr. ASVIS).

Ad ogni modo, se si parla di montagna - e di raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 -, è forse utile considerare altri aspetti specifici, assai più rilevanti.

Montagna: cosa considerare

La maggior parte dei territori montani italiani (insieme a quelli collinari) appartengono alle cosiddette aree interne: “quelle aree significativamente distanti dai centri di offerta dei servizi essenziali di istruzione, sanità e trasporti”. Oggi queste aree “rappresentano il 58,2% del territorio italiano e accolgono una popolazione residente di 14 milioni di abitanti, divisa in 4.200 comuni” (cfr. ASVIS).

Tra le aree interne si riscontrano forti diseguaglianze di tipo territoriale, economico e sociale; ad esempio, ci sono aree fortemente antropizzate, spesso a forte vocazione turistica, accanto a zone ormai spopolate e isolate, magari proprio per la difficoltà di accedere ai servizi essenziali, o perché non si è riusciti a mettere a fattore comune le specificità del proprio territorio, rendendolo, così, un polo decisamente poco attrattivo.

Ad ogni modo, quale ne sia la causa, lo spopolamento della montagna (e dell’ambiente collinare) non comporta solo lo sfaldamento del sistema socio-economico di un territorio, e magari la perdita di cultura locale - materiale e immateriale -, ma incide anche, in modo significativo, sulla qualità dei servizi ecosistemici e sulla gestione e tutela del territorio stesso.

Non dimentichiamoci che gran parte del paesaggio montano come lo conosciamo oggi è frutto del lavoro instancabile dell’uomo. L’immagine iconica della montagna che noi tutti abbiamo in mente come le vallate alla base delle pareti rocciose, dove le praterie si alternano ai boschi, sono il risultato di un lungo rapporto tra le popolazioni locali e il territorio circostante. Abbandonare la montagna significa diminuire la capacità di cura e salvaguardia di un ecosistema assai prezioso, già fonte di risorse essenziali come acqua, legno, energia e pietra.

Il territorio montano, infatti, è custode del 50% dei cosiddetti hotspot di biodiversità – zone ad alta concentrazione di diversità biologica di flora e fauna - dell’intero continente europeo sui “quali grava la minaccia di perdita di habitat, di specie protette e dei cambiamenti climatici” (cfr. ASVIS).

Quest’ultimo fattore di rischio incide particolarmente sullo sviluppo futuro della montagna.

Ce lo ricorda bene l’ultimo libro di Telmo Pievani e Mauro Varotto, Viaggio nell’Italia dell’Antropocene (ed. Aboca, 2021), quando si afferma che il cambiamento climatico colpisce le montagne in maniera molto sensibile tanto che le Alpi hanno registrato, nel corso del Novecento, un aumento della temperatura pari al doppio (più o meno 2°C) rispetto alla media registrata in altre aree dell’emisfero nord; una tendenza, questa, che ha subito un’accelerazione negli ultimi trent’anni ed è particolarmente evidente alle quote più elevate.

Ultimo aspetto, tra i tanti, che vale la pena citare è il turismo, fattore trainante di sviluppo – e di cura e salvaguardia del territorio - per molte aree alpine, compresa quella dolomitica, iscritta nella lista del patrimonio UNESCO dal 2009.

Se da un lato il turista di oggi non si accontenta più di aver una pista “ben battuta e senza sassi”, ma cerca un’esperienza di benessere a 360° (sport, cultura, enogastronomia, wellness etc.), dall’altro gli imprenditori della montagna auspicano l’avvento di una reale multistagionalità per limitare gli impatti e distribuire nel tempo profitti e investimenti.

Il futuro della montagna secondo Alpe Tognola

Alpe Tognola è uno dei due comprensori sciistici con partenza dalla località alpina di San Martino di Castrozza (TN), ed è il più grande della ski area San Martino – Passo Rolle (Dolomiti Superski).

Polo turistico per eccellenza, nato negli anni sessanta del secolo scorso, insiste per il 90% della sua estensione all’interno del Parco naturale Paneveggio – Pale di San Martino.

È proprio la tutela del paesaggio la chiave e la cifra imprenditoriale della famiglia Ghezzi, che da tre generazioni investe nello sviluppo del territorio grazie agli impianti di risalita (alimentati al 100% da energia rinnovabile certificata) e all’offerta ricettiva ad essi collegata (tre ristoranti e un residence hotel). D’altra parte, come ricorda l’AD, Valeria Ghezzi: “nessun cliente delle funivia, che sia sciatore o meno, che sia d’inverno o d’estate, viene da noi per l’impianto, ma per il paesaggio”.

Nel 2021, Alpe Tognola, prima nel suo settore, ha ottenuto la certificazione di sostenibilità integrata SI Rating a riprova che il suo modo di fare business è sostenibile anche dal punto di vista ambientale e sociale.

La milanese Valeria Ghezzi, che del coraggio, fiducia e determinazione ha fatto le sue parole chiave - di vita e di professione -, ci ha raccontato diverse tappe del percorso di sostenibilità da lei intrapreso nella triplice veste di imprenditrice, rappresentante di categoria e “abitante” delle Dolomiti.

Da questa conversazione abbiamo tratto alcune suggestioni, riassunte per parole chiave. Eccole.

SUOLO

Il suolo (inteso come porzione di terreno fertile) in alta quota è risorsa scarsa e non rinnovabile. Va protetto per garantire la biodiversità, per contrastare il dissesto idrogeologico e lo sfaldamento della roccia sottostante.

In modo del tutto pioneristico, Alpe Tognola, in collaborazione con l’Università di Padova, anni fa ha avviato un processo oggi diventato prassi abituale e riconosciuta dal SI Rating.

Come funziona? Ogni qual volta che si avvia un nuovo intervento (ad esempio un nuovo tratto di pista o un suo rifacimento, un sentiero), la porzione di terreno superficiale – con tutto il corredo di biodiversità che la caratterizza – viene prelevata e accantonata in modo da poterla riutilizzare, tale e quale, nella fase di ripristino post operam (con pacciamatura naturale a fieno locale), senza così alterare gli equilibri ecologici del sito.

Se Alpe Tognola non facesse così, il terreno prelevato, una volta ripristinato, ritornerebbe fertile solo dopo decenni o comunque solo grazie all’intervento esterno (uso di sementi esogeni, concimi etc.).

Altri aspetti importanti, quando si parla di tutela del suolo, sono la gestione della tracimazione delle acque lungo i tracciati delle piste e le opere di rinverdimento a fine stagione: attività realizzate per evitare il dilavamento del terreno e conseguenti problemi di erosione.

Entrambi interventi di routine per Alpe Tognola, sempre eseguiti secondo le linee guida dell’Ente Parco.

SPECIE

La montagna, si sa, è l’habitat naturale di specie considerate iconiche come la marmotta, il cervo, e il gallo cedrone. Proprio quest’ultimo, insieme al gallo forcello, alla coturnice e alla pernice bianca - specie montane di interesse comunitario - trovano un ambiente di vita particolarmente adatto nelle aree su cui insistono i tracciati delle piste da sci o delle mountain bike.

Preservare l’assetto di queste nicchie ecologiche è di fondamentale importanza, tanto che Alpe Tognola programma i suoi interventi sempre considerando le fasi dei cicli biologici delle specie protette e realizza le opere al di fuori dei loro areali.

INNOVAZIONE

Nella gestione e mitigazione degli impatti ambientali gioca un ruolo fondamentale la tecnologia. Secondo Valeria Ghezzi, uomo, ambiente e tecnologia hanno un legame fortissimo.

Gli investimenti fatti da Alpe Tognola negli ultimi anni permettono di comandare gli impianti a distanza (evitando ad esempio di muovere mezzi) e di azzerare gli sprechi di risorse energetiche e idriche negli impianti di innevamento programmato, riducendo, pure, i tempi di lavorazione.

Ad ogni modo, innovare non significa solo adottare le ultime soluzioni tecnologiche, ma anche “avere tutti e cinque i sensi in allerta in modo da percepire in anticipo le esigenze della comunità residente e non residente. Perché essere resilienti significa adattarsi; innovare significa arrivare quell’attimo prima”.

Il cambiamento, infatti, come ricorda l’AD di Funivie Seggiovie San Martino, richiede “coraggio, fiducia e una buona dose di grinta”.

RACCONTO

Per una realtà come Alpe Tognola, la parola “racconto” può significare molte cose: organizzare escursioni didattiche, istituire percorsi storici, coinvolgere il visitatore nelle tradizioni locali, spiegare le responsabilità e le modalità di operare all’interno di un parco naturale, o ancora, far capire e conoscere il valore del lavoro degli operatori del settore (Qual è il suo lavoro? Come lo fa? Cosa c’è dietro le quinte di una bella pista perfettamente innevata?), e mettere tutto a sistema perché “se non si racconta nulla, la gente alla fine se ne ritorna a casa avendo comprato uno skipass, magari una lezione di sci, avendo mangiato qualcosa di buono – perché il cibo parla sempre in modo più immediato – ma senza aver conosciuto e sperimentato tutti gli altri aspetti che definiscono e arricchiscono il nostro territorio”.

E questo processo di riscrittura (e cultura) deve partire da chi in montagna ci vive e lavora tutto l’anno, affinché possa ri-scoprire il proprio territorio con occhi nuovi e trasmetterne il valore anche al turista perché “si trasmette al turista ciò in cui la comunità per prima crede e ciò che vive ogni giorno”.

Riassumendo, cosa abbiamo capito da questo incontro

  • Il paesaggio e l’ambiente montano è una risorsa naturale, sociale ed economica insieme. È alla base dello sviluppo in quota e deve essere protetto, fruito e promosso e non solo vincolato;

  • L’importanza fondamentale della condivisione e della creazione di relazioni significative: solo “facendo sistema” tra realtà locali pubbliche e private, e comunità si può dar vita ad un cambiamento di rotta incisivo e duraturo nel tempo, a vantaggio di tutti; e come dice un noto spot pubblicitario, “il cambiamento avviene da dentro”, ovvero è la comunità montana il primo motore del cambiamento;

  • Il ruolo fondamentale del Pubblico come coordinatore super partes. Dopo la Strategia Nazionale per le Aree Interne – SNAI e il PNRR, siamo in attesa della presentazione in parlamento della nuova legge-quadro della Montagna;

  • E, in ultimo, l’importanza, come sempre, di avviare un percorso riconosciuto e condiviso basato su dati ESG (Environmental, Social e Governance) e sull’Agenda 2030, e obiettivi misurabili, perché far comprendere è, sì, un impegno ma anche un grande privilegio.

Alla prossima storia✏️!!

Guarda anche il video dell'intervista

Da Accademia Economia Circolare nasce AEC Incontra: un contenitore di idee e best practices per testimoniare e promuovere un modo altro di fare impresa, tutto italiano, capace di mettere a sistema: tradizione, conoscenza, eco-innovazione e territori. Ad ogni incontro raccogliamo le storie di imprese virtuose, esempi vincenti di economia circolare ed ecosostenibilità, e le postiamo sul nostro blog per far circolare le idee innovative e le buone pratiche. 

 


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Elena Masia
AUTORE

Elena Masia

Considero l’impresa un sistema aperto, in relazione con il territorio e le istituzioni; un luogo ideale dove poter sviluppare progetti e percorsi utili a garantire lo sviluppo di un business etico, innovativo e sostenibile.