Il bilancio di sostenibilità per migliorare l’immagine aziendale

Fino al 2018 il bilancio di sostenibilità era una scelta volontaria, ma dal 1° luglio di quell'anno per le grandi imprese è entrata in vigore l’obbligatorietà. I criteri per stilare questo bilancio, anche detto sociale, sono quelli definiti dalla Global Reporting Initiative del 2016 e sostituiscono le precedenti linee guida in uso dal 2000. Nell'articolo che segue, troverai alcune indicazioni e consigli per impostare la comunicazione ambientale dell’azienda in modo da generare anche un miglioramento generale dell’immagine.
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Cosa si intende con bilancio di sostenibilità?

Il bilancio di sostenibilità o bilancio sociale è un rapporto che contiene le valutazioni in merito all’impatto ambientale e sociale del business.

Come anticipato nella premessa, dal 1° luglio 2018 il bilancio sociale è obbligatorio per tutte le aziende con più di 500 dipendenti e un patrimonio superiore a €20 milioni o ricavi netti oltre i 40 milioni di euro. Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 254/2016, infatti, è stata recepita la Direttiva 2014/95/UE in materia di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario che ha aperto la strada all’obbligatorietà dell’adozione di strumenti codificati di comunicazione green da parte delle aziende.

I bilanci di sostenibilità sono rivolti a tutti gli stakeholder di un’azienda:

  • dipendenti
  • clienti
  • fornitori
  • azionisti
  • autorità locali
  • stampa

Se per quanto riguarda gli investitori è indubbio che vi sia un interesse specifico nei confronti del bilancio finanziario, è lecito che le autorità locali vogliano conoscere l’impatto delle emissioni in atmosfera, per fare un esempio. Ma sono sempre più i clienti che valutano anche la sostenibilità ambientale di un’azienda, tra i diversi fattori presi in considerazione per scegliere un fornitore. 

Ciò vale sia per il b2b che per il b2c, il cui mercato è oggi sempre più attento ai temi green. In quest’ottica, attivare politiche più sostenibili anche all’interno dei luoghi di lavoro è una leva efficace per il coinvolgimento dei dipendenti che, sentendosi parte integrante di un progetto percepito come importante per l’ambiente, sono più soddisfatti del proprio ruolo e fedeli all’azienda.

I motivi della crescente attenzione normativa nei confronti della sostenibilità ambientale

Secondo il 12° Global Risks Report del World Economic Forum, nel 2017 l’80% delle cinque principali minacce in termini di impatto globale sono di tipo ambientale e legate al cambiamento climatico. Queste crisi, parliamo di eventi meteorologici estremi e catastrofi naturali, sono la dimostrazione del fallimento delle misure di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici.

Rispetto agli anni precedenti, è emerso anche come i fattori ambientali siano diventati sempre più rilevanti non solo per famiglie e imprese, ma anche per il mondo economico, finanziario e politico.

In questo senso, la politica dovrebbe essere in grado di fare proprie le buone pratiche di comunicazione e salvaguardia dell’ambiente, implementando nuovi modelli di gestione dell’impresa e dei piani industriali e introducendo strumenti e variabili del diritto ambientale, come il capitale naturale e il capitale sociale.

A livello aziendale, queste nuove politiche sono attivate per stimolare l’integrazione di dati, parametri e modelli di business utili all’analisi dei rischi e degli impatti ambientali, per delineare strategie e prospettive che sviluppino una migliore qualità ecologica.

Gli sviluppi normativi a livello europeo

Una delle conseguenze della pubblicazione del Global Risks Report del 2017, di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo, è stata l’emanazione della direttiva dell’Unione Europea 2014/95 in materia di comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e sulla diversità.

La direttiva prevede che le grandi imprese europee dal 2017 includano nei loro rapporti gestionali una sezione relativa agli aspetti non finanziari relativa alla CSR – Corporate Social Responsibility, la Responsabilità Sociale d’Impresa.

È bene ricordare che prima della Comunicazione 681/UE del 2011 in materia di CSR, le imprese hanno volontariamente presentato le informazioni non finanziarie, in virtù di una maggiore sensibilità generale sui temi ambientali e di una crescente richiesta di trasparenza. Le linee guida per questa comunicazione ambientale spontanea erano quelle dell’OCSE per le imprese multinazionali e l’UNI ISO 26000 “Guida alla responsabilità sociale”.

La direttiva 2014/95/UE risponde all’esigenza di determinare l’ambito di applicazione e definire i livelli minimi per questi standard di comunicazione.

In particolare, l’articolo 1 prevede l’obbligo di presentare una dichiarazione individuale di carattere non finanziario per le “imprese di grandi dimensioni che costituiscono enti di interesse pubblico e che, alla data di chiusura del bilancio, presentano un numero di dipendenti occupati medio durante l’esercizio pari a 500”.

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In merito ai contenuti, il bilancio sociale dovrebbe riportare “informazioni ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva in misura necessaria alla comprensione dell’andamento del gruppo, dei suoi risultati, della sua situazione e dell’impatto della sua attività”.

Nello specifico, la direttiva indica:

  • breve descrizione del modello aziendale del gruppo
  • descrizione delle politiche applicate dal gruppo in merito ai già menzionati aspetti, comprese le procedure di due diligence applicate
  • risultato di tali politiche
  • principali rischi legati alle attività del gruppo anche in riferimento ai suoi rapporti, prodotti e servizi commerciali e relative modalità di gestione adottate
  • indicatori di prestazione di carattere non finanziario pertinenti

La normativa italiana

È con il Decreto Legislativo 254 del 2016, entrato in vigore il 25 gennaio 2017, che in Italia viene attuata la direttiva UE 95. Il decreto prevede la redazione della dichiarazione per gli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2017.

Oltre al numero dei dipendenti, all’articolo 2 il decreto introduce anche dei criteri dimensionali per l’individuazione delle aziende obbligate a presentare il bilancio sociale, prescrivendo l’obbligo per le imprese che alla data di chiusura del bilancio abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti:

– totale dello stato patrimoniale: € 20 milioni

– totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: € 40 milioni

In merito ai contenuti della relazione, l’articolo 3 del decreto elenca gli ambiti minimi sui quali è richiesto di rendicontare le proprie attività e performance, prevedendo che vengano prese in considerazioni almeno le informazioni relative a:

  • utilizzo di risorse energetiche (distinguendo fra fonti rinnovabili e non rinnovabili)
  • impiego di risorse idriche
  • emissioni di gas serra
  • emissioni inquinanti in atmosfera
  • impatto sull’ambiente, sulla salute e la sicurezza, associato ai fattori di rischio ambientale e sanitario
  • aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale
  • rispetto dei diritti umani
  • lotta contro la corruzione attiva e passiva

Le singole imprese hanno però la libertà di scegliere lo standard di rendicontazione, individuando di volta in volta i KPI che meglio descrivono le loro attività.

I controlli della dichiarazione da parte dell’autorità riguardano l’adeguatezza dei sistemi, dei processi e delle procedure utilizzate ai fini della preparazione della dichiarazione. A valle dei controlli, l’autorità redige un report che attesta la conformità.

Il decreto prevede inoltre che anche le imprese non sottoposte all’obbligo possano presentare una dichiarazione di carattere non finanziario in forma volontaria. In particolare, per le PMI esistono apposite forme semplificate.

L’impatto sull’immagine aziendale

A questo punto, verrebbe da chiedersi perché un’azienda non obbligata a farlo dovrebbe occuparsi di comunicazione ambientale. Il motivo è presto detto: sono sempre di più le persone attente, consapevoli e sensibili alle tematiche ambientali. Sia i consumatori b2c che i buyer b2b non si accontentano esclusivamente delle informazioni sul prodotto o servizio che stanno valutando, ma cercano notizie sulle modalità di produzione, sull’etica del fornitore e sull’impatto ambientale.

I vantaggi tangibili per le aziende che adottano un modello di business sostenibile sono riassumibili in termini di:

  • aumento del valore percepito dagli stakeholder
  • maggiore fidelizzazione di clienti e dipendenti
  • incremento delle vendite

Se la tua azienda sta valutando di dotarsi di un sistema di gestione ambientale o ha bisogno di supporto nella definizione dei parametri per redigere il bilancio sociale, potresti valutare di affidarti a una società di consulenza.

Nella scelta del fornitore, l’esperienza deve essere valutata nella sua globalità, così come la struttura della società e l’ampia proposta di servizi. Merita un’attenzione particolare anche la presenza di competenze in ambito di reati legati all’ambiente.

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Stefano Reniero

Come Amministratore di NEXTECO guido lo sviluppo di nuovi servizi e supporto i miei colleghi nelle sfide più impegnative, mettendo a loro disposizione la mia esperienza e le mie competenze. La mia passione è interpretare le esigenze emergenti e trasformarle in proposte di valore concrete per i nostri clienti.
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Stefano Reniero

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