10 punti per la gestione terre e rocce da scavo in Veneto

Il 13 giugno 2017 è stato definitivamente approvato e pubblicato il D.P.R. 120 che disciplina le modalità di gestione delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti e non come rifiuti.
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Il DPR 120, in vigore dal 22 agosto 2017, ha confermato che le terre e rocce da scavo possono essere gestite in deroga alla normativa in materia di rifiuti fermi restando i principi quadro europei di rispetto di tutela della salute umana e dell’ambiente naturale sotto la cui egida muove la normativa nazionale. Sinteticamente, le eccezioni possono essere di due generi:

  • Esclusione dal campo di applicazione della normativa dei rifiuti (art. 185 del D.Lgs.152/2006, riutilizzo “in situ” materiale non contaminato);
  • Gestione come “sottoprodotto” (art. 184-bis del D.Lgs.152/2006).

L’art. 2, comma 1, lettera c) del D DPR 120 definisce come “terre e rocce da scavo” il suolo escavato derivante da attività finalizzate al la realizzazione di un’opera, tra le quali::

  • scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee);
  • perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento.;
  • opere infrastrutturali (gallerie, strade);
  • rimozione e livellamento di opere in terra.

Le terre e rocce da scavo possono contenere anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato, purché le terre e rocce contenenti tali materiali non presentino concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti di cui alle colonne A e B, Tabella 1, Allegato 5, al Titolo V, della parte IV, del d. lgs. 152/06 per la specifica destinazione d’uso. 

Ai fini della gestione di un materiale come sottoprodotto, l’articolo 184-bis del Dlgs 152/2006 richiede il soddisfacimento di quattro condizioni:

  • la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto;
  • è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi;
  • la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale;
  • l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana.

Ai fini della gestione delle T&R da scavo ai sensi dell’art. 184-bis, il nuovo schema di DPR individua procedure differenti in funzione dei volumi di scavo e della tipologia di cantiere di origine.

Nel testo che segue vengono affrontati principali aspetti legati alla gestione delle terre e rocce nei piccoli cantieri. Occorre però ricordare che anche i cantieri di grandi dimensioni non sottoposti a VIA o AIA seguono le stesse procedure dei cantieri di piccola dimensione.

COME ORIENTARSI NELLA GESTIONE DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO?

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Reimpiego come sottoprodotto

Per quelli di piccole dimensioni – sotto i 6.000 mc – vige una procedura semplificata, simile a quella dell’ex art. 41-bis; per questi cantieri la sussistenza delle condizioni previste per la gestione come sottoprodotto, è attestata dal produttore tramite la predisposizione della Dichiarazione di Utilizzo, resa ai sensi del DPR 445/2000 e la sua trasmissione, almeno 15 giorni prima dell’inizio dei lavori di scavo, al Comune del luogo di produzione e all’ARPA territorialmente competente.

Nella Dichiarazione di Utilizzo il produttore indica.

  • le quantità di terre e rocce da scavo destinate all’utilizzo come sottoprodotti;
  • gli eventuali siti di deposito intermedio, con i riferimenti autorizzativi;
  • il/i sito/siti di destinazione, con i riferimenti autorizzativi;
  • gli estremi delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere e i tempi previsti per l’utilizzo;
  • i tempi previsti per l’utilizzo, che non possono comunque superare un anno dalla data di produzione delle terre e rocce da scavo, salvo il caso in cui l’opera nella quale le terre e rocce da scavo qualificate come sottoprodotti sono destinate ad essere utilizzate, preveda un termine di esecuzione superiore.

La DAU non costituisce una richiesta di autorizzazione, bensì una attestazione del rispetto delle condizioni previste dalla norma sotto la responsabilità del dichiarante, sicché non richiede alcuna approvazione.

Pertanto il produttore si assume la responsabilità anche penale di rispettare i limiti qualitativi previsti dalla norma, per cui è opportuno che disponga di valide informazioni tecniche a supporto dei dati inseriti nella dichiarazione, da esibire in fase di eventuali controlli.

A tal fine il proponente è opportuno che sia in grado di produrre documentazione tecnica a supporto della veridicità di quanto dichiarato, tenendo presente che le dichiarazioni non veritiere sono suscettibili, ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/2000, di sanzioni penali.

Reimpiego interno al cantiere

Nel caso di terreno non contaminato riutilizzato allo stato naturale nello stesso sito di produzione l’art. 185 comma 1 lett. c) prevede che sia escluso dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti; tale disposizione è stata confermata dall’art. 24 del DPR 120/2017.

La non contaminazione va verificata ai sensi dell’Allegato 4 del DPR 120/2017 mediante verifica del rispetto dei limiti di cui alla tabella 1 All. 5 Tit. V p. IV del TUA, e quindi con un prelievo ed analisi dei materiali. Anche in questo caso la dichiarazione di non contaminazione (autocertificazione) deve essere inviata al comune.

Qualora il progetto preveda il riutilizzo integrale del terreno scavato allo stato naturale all’interno dello stesso cantiere di produzione si applica la clausola di esclusione di cui all’art. 185 del D. L.vo n. 152/2006, purché il materiale sia non contaminato e riutilizzato allo stato naturale. In questo caso è prevista la compilazione dell’Autocertificazione predisposta dalla Regione Veneto (Circolare n. 127310 del 25/3/2014) e l’invio solamente al comune in cui si trova il sito di produzione.

Anche in questo caso compilando il modello di autocertificazione per mezzo dell’applicativo web Terre e rocce da scavo vengono trasmessi i risultati analitici ad ARPAV.

Miglioramenti fondiari

Nel caso l’intervento di scavo sia previsto nell’ambito di un miglioramento fondiario è previsto un nulla osta da parte di ARPAV secondo le seguenti fasi:

  1. Invio da parte del proponente ad ARPAV Servizio Osservatorio Suolo e Bonifiche (all’indirizzo terrerocce@pec.arpav.it) della modulistica e del database previsti dalla normativa in tema di gestione delle terre e rocce da scavo almeno 15 giorni prima dell’inizio lavori per il materiale scavato nel sito oggetto di miglioramento, unitamente a copia dell’analoga modulistica/database relativa ai materiali scavati in altri siti e destinati al riutilizzo nel sito oggetto di miglioramento fondiario.
  2. Verifica da parte di ARPAV Servizio Osservatorio Suolo e Bonifiche della completezza dell’indagine ambientale eseguita presso i siti di produzione delle terre. Nel caso venissero riscontrate delle carenze informative o documentali potranno essere richieste integrazioni, con la sospensione dei tempi del procedimento, al richiedente.
  3. Comunicazione al richiedente, entro 30 giorni dal ricevimento della documentazione, del nulla osta di ARPAV relativo alla completezza dell’indagine ambientale eseguita presso i siti di produzione delle terre”.

Verifica di non contaminazione

Nonostante nei documenti informativi non sia presente un esplicito riferimento alla natura della verifica di non contaminazione, di cui all’art. 24 del DPR, risultano frequenti i riferimenti all’autocertificazione.

Chi intende riutilizzare le terre da scavo per destinazione a recuperi, ripristini, rimodellamenti, riempimenti ambientali o altri utilizzi su/ suolo, deve dimostrare che non sono superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione di cui alle colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 alla parte IV del D. L.vo n. 152 del 2006, con riferimento alle caratteristiche delle matrici ambientali e alla destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione.

Poiché tale dimostrazione è possibile solo avendo a disposizione i valori di concentrazione dei potenziali contaminanti nel terreno da scavare, l’analisi deve essere sempre fatta quando il terreno è destinato a riutilizzo in un sito diverso da quello di produzione.

Il set analitico di base per l’accertamento dei requisiti di idoneità prevede, oltre ai parametri già previsti dalle istruzioni operative di ARPAV, anche cobaltomercurio e amianto (quest’ultimo nel caso in cui sia stata riscontrata la presenza di materiale di riporto di origine antropica).

Teoricamente la dimostrazione del rispetto dei limiti potrebbe avvenire anche attraverso conoscenze pregresse certe e affidabili sul sito stesso, legate alla sua storia o a precedenti indagini ambientali sul sito o in prossimità di esso, tuttavia non sembra che ci si possa esimere dall’avere una certificazione analitica.

Le modalità di campionamento e analisi per definire le caratteristiche ambientali delle terre e rocce da  scavo e verificare il rispetto dei criteri definiti dall’art. 4 del D.P.R. sono quelle riportate nell’Allegato 4 del D.P.R. stesso e valgono sia per tutte le tipologie di cantieri, anche se il testo dell’Allegato sembrerebbe indirizzato ai soli grandi cantieri.

Per il numero di campioni da prelevare, si può fare riferimento all’Allegato 2 in caso di grandi cantieri mentre per i piccoli cantieri si ritiene debba essere fatta una valutazione caso per caso a cura del tecnico che effettua il campionamento, garantendo in ogni caso che il campione o i campioni prelevati siano rappresentativi delle terre e rocce che si intendono movimentare.

Nel caso del Veneto, tuttavia, per la numerosità di campioni da analizzare si deve far riferimento alle istruzioni operative di ARPAV (mentre per le opere in VIA/AIA si fa riferimento all’Allegato 2 del DPR).

Invio della DAU

Ai sensi dell’art. 21 del D.P.R. 120/2017 la dichiarazione va inviata solo successivamente all’autorizzazione dell’opera: la stessa, infatti, deve contenere gli estremi delle autorizzazioni per la realizzazione delle opere. Nel caso delle procedure che non prevedono un’espressione dell’autorità competente nella dichiarazione devono essere inseriti i riferimenti relativi all’autorità e all’abilitazione o alla comunicazione rilevanti ai fini dell’esecuzione dell’opera stessa.

Nell’impossibilità di procedere in questo modo si potrà compilare la dichiarazione di utilizzo indicando nell’autorizzazione “in attesa del rilascio dell’autorizzazione”; una volta ottenuta l’autorizzazione la dichiarazione deve essere modificata riportando gli estremi dell’atto di autorizzazione.

Gestione delle modifiche

In caso di modifica sostanziale dei requisiti indicati nella “dichiarazione di utilizzo”, questa comporta l’obbligo per il produttore di aggiornare la documentazione e di trasmetterla nuovamente, sempre in via telematica, agli stessi enti cui è stata inviata quella originaria.

Nel caso del Veneto l’aggiornamento della dichiarazione va fatto utilizzando l’applicativo web Terre e rocce da scavo del sito internet di ARPAV.

Decorsi 15 giorni dalla trasmissione della dichiarazione aggiornata, le terre e rocce da scavo possono essere gestite in conformità alla dichiarazione aggiornata. Qualora la variazione riguardi il sito di destinazione o il diverso utilizzo delle terre e rocce da scavo, l’aggiornamento della dichiarazione può essere effettuato per un massimo di due volte, fatte salve eventuali circostanze sopravvenute, impreviste o imprevedibili.

Materiali di riporto

Secondo quanto prevede l’articolo 4 comma 3 del DPR 120/2017 “Nei casi in cui le terre e rocce da scavo contengano materiali di riporto, la componente di materiali di origine antropica frammisti ai materiali di origine naturale non può superare la quantità massima del 20% in peso, da quantificarsi secondo la metodologia di cui all’allegato 10. Oltre al rispetto dei requisiti di qualità ambientale di cui al comma 2, lettera d), le matrici materiali di riporto sono sottoposte al test di cessione, effettuato secondo le metodiche di cui al DM 5 febbraio 1998, per i parametri pertinenti, ad esclusione del parametro amianto, al fine di accertare il rispetto delle concentrazioni soglia di contaminazione delle acque sotterranee, di cui alla Tabella 2, Allegato 5, al Titolo 5, della Parte IV, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o, comunque, dei valori di fondo naturale stabiliti per il sito e approvati dagli enti di controllo.”

Va infine ricordato che, anche in assenza di materiali di riporto, una delle condizioni imposte dall’art. 20, comma 1, del D.P.R. per il possibile utilizzo come sottoprodotti dei materiali da scavo, è che gli stessi non costituiscano fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee; in questo caso il test di cessione rappresenta un possibile strumento di verifica diretta.

Per quanto riguarda gli aspetti gestionale con la Circolare n. 15786 del 10/11/2017, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare interviene in merito alla corretta interpretazione normativa di alcuni aspetti applicativi inerenti la gestione dei materiali di riporto, a seguito dell’entrata in vigore del recente regolamento sul riutilizzo delle terre da scavo (DPR 120/2017).

La nuova circolare ministeriale chiarisce che:

  1. le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto nei limiti di cui all’articolo 4, comma 3, del DPR n. 120/2017, che risultino conformi al test di cessione e non risultino contaminate, possono essere gestite come sottoprodotti:
  2. le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto non contaminate e conformi al test di cessione ai sensi dell’articolo 3. comma 2. del decreto-legge n. 2 del 2012 possono essere riutilizzate in sito in conformità a quanto previsto dall’articolo 24 del DPR n. 120/2017. (Utilizzo nel sito di produzione delle terre e rocce escluse dalla disciplina dei rifiuti)
  3. le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto contaminate e non conformi al test di cessione ai sensi del comma 3 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 2 del 2012. in relazione ai successivi interventi normativi rappresentati dall’articolo 34. commi 9 e 10. del decreto-legge n. 133 del 2014 e dall’articolo 26 del DPR n. 120/2017 sono fonti di contaminazione.

In tal caso, ai sensi dell’art. 3 comma 3 del decreto legge 2/2012 convertito con modifiche in L. n. 28/2012 e smi, le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione devono, alternativamente e non cumulativamente, essere:

  1. rimosse (la rimozione della fonte di contaminazione avviene attraverso la bonifica come definita dall’articolo 240, comma 1, lettera p), del D.Lgs. n. 152 del 2006,);
  2. sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute (è applicabile anche la messa in sicurezza operativa come definita dall’art. 240, comma 1, lettera n), del D.Lgs. n. 152 del 2006);
  3. rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti.

Se sei interessato ad approfondire il tema dei materiali di riporto, dai un’occhiata al nostro post ad hoc

Superamento dei limiti attribuibile a fondo naturale

In adempimento a quanto previsto dall’art. 11 del DPR 120/2017, i valori che superano i limiti tabellari ma sono più bassi dei valori di fondo naturale definiti da ARPAV per i suoli del Veneto e pubblicati nel volume “Metalli e metalloidi nei suoli del Veneto”, possono essere considerati non contaminati purché siano riutilizzati

  • nella stessa unità deposizionale/fisiografica così come definita nel volume sopraccitato, o in un’altra unità con valori di fondo maggiori o uguali,
  • in aree ad uso commerciale e industriale qualora i valori riscontrati siano inferiori alle CSC di colonna B.

È escluso un riutilizzo in aree diverse.

Modulistica

La Regione del Veneto ha fornito indicazioni sulle modalità per la compilazione e l’invio delle dichiarazioni nei due casi possibili:

  • utilizzo del materiale di scavo al di fuori del cantiere di produzione (Circolare n. 353596 del 21/8/2017)
  • riutilizzo del materiale nello stesso sito di produzione (Circolare n. 127310 del 25/3/2014 con allegato il Modello di autocertificazione).

La modulistica da utilizzare per la dichiarazione (Allegati 6 e 8) è modificata ed integra alcune informazioni rispetto a quella già in vigore in Regione; per i progetti approvati prima del 22 agosto 2017 (con riferimento alla data del permesso a costruire o analogo titolo abilitativo) per la predisposizione delle dichiarazioni potrà essere ancora utilizzata la modulistica regionale. Per i progetti approvati dal 22 agosto in poi dovrà essere utilizzata la nuova modulistica (Allegati 6 e 8).

Il trasporto delle terre e rocce da scavo è accompagnato dal documento di trasporto indicato nell’Allegato 7, pensato per il trasporto dal sito di produzione al sito di destinazione o al sito di deposito intermedio. Non è previsto un analogo modulo per il trasporto dal sito di deposito intermedio al sito di destinazione. Essendo evidentemente necessario disporre di un documento di trasporto anche in uscita dal deposito intermedio verso il sito di destinazione si coniglia di utilizzare il documento riportato in Allegato 7 modificando opportunamente la Sezione A.

Portale ARPA Veneto

Per favorire la comprensione del nuovo quadro normativo, la Regione del Veneto diffonde, tramite l’Arpa, una serie dettagliata di FAQ, che arrivano a toccare specifiche questioni, dalla valenza sempre pratica. Le informazioni sono consultabili sul sito Arpav.

Se sei interessato alle altre novità contenute nel DPR 120/2017 relativamente a terreni contenenti amianto e stabilizzazione a calce non perderti i nostri post ad hoc!

Nella scelta del consulente di ingegneria ambientale, l’esperienza deve essere valutata nella sua globalità, poiché un’esperienza diversificata in più settori, territori e attività è garanzia di una conoscenza più approfondita delle dinamiche che possono causare seri ritardi nella realizzazione di un’opera.

Non solo un team strutturato, con un’ampia proposta di servizi: merita un’attenzione anche la presenza di competenze in ambito di gestione delle terre e rocce da scavo. Conoscendo l’impatto delle attività sui costi di progetto, i consulenti sapranno rendere più efficiente tutta la gestione.

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Stefano Reniero

Come Amministratore di NEXTECO guido lo sviluppo di nuovi servizi e supporto i miei colleghi nelle sfide più impegnative, mettendo a loro disposizione la mia esperienza e le mie competenze. La mia passione è interpretare le esigenze emergenti e trasformarle in proposte di valore concrete per i nostri clienti.
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Stefano Reniero

Come Amministratore di NEXTECO guido lo sviluppo di nuovi servizi e supporto i miei colleghi nelle sfide più impegnative, mettendo a loro disposizione la mia esperienza e le mie competenze. La mia passione è interpretare le esigenze emergenti e trasformarle in proposte di valore concrete per i nostri clienti.

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