I produttori di rifiuti speciali, come noto, devono prestare particolare attenzione alle condizioni richieste dalla normativa nazionale in tema di deposito temporaneo, per evitare di incorrere in pesanti sanzioni, sia penali che amministrative, come dimostrato da recenti sentenze della corte di Cassazione.
Ad esempio, la sentenza n. 4181 del 30 gennaio 2018 ha condannato gli imputati per aver depositato in modo incontrollato su un terreno di loro proprietà dei rifiuti speciali non pericolosi costituiti da materiale edilizio provenienti da attività di demolizione in assenza della necessaria autorizzazione e senza stoccaggio, trattamento o riutilizzo dei medesimi.
Le argomentazioni della corte si basano sulle condizioni fissate dall’art. 183 del D. Lgs n. 152 del 2006 la cui sussistenza deve essere provata dal produttore dei rifiuti, in considerazione della natura eccezionale e derogatoria del deposito temporaneo rispetto alla disciplina ordinaria.
La norma, infatti, pone le seguenti condizioni per la configurabilità di deposito temporaneo:
Condizioni queste cui si aggiunge quale requisito principale, il raggruppamento dei rifiuti nel luogo in cui gli stessi sono prodotti.
Il deposito temporaneo, quindi, ancorché affidato ad un terzo soggetto autorizzato, deve avvenire sempre e solo all'interno del luogo di produzione dei rifiuti stessi e non può assolutamente (al fine di rendersi esente dal regime autorizzatorio) essere realizzato da un terzo affidatario in un luogo diverso da quello in cui i rifiuti oggetto del deposito medesimo sono prodotti.
Qualora una delle suddette condizioni venga a mancare, l’accumulo di una certa quantità di rifiuto non corrisponde alla fattispecie di deposito temporaneo ma a quella di deposito incontrollato di rifiuti.
In proposito va ricordato che il deposito temporaneo, nella sua formulazione originaria del D. Lgs 22/1997, nasceva come un punto di deroga per agevolare soprattutto le piccole imprese caratterizzate da una modesta produzione di rifiuti. Il deposito temporaneo, quindi, si configura come un’”estensione” dell’attività dalla quale si originano i rifiuti che precede qualsiasi fase della gestione (raccolta, trasporto, smaltimento o recupero).
Il D. Lgs 152/06, infatti, con gli articoli 208 comma 17 e 210 comma 5, in presenza del rispetto di determinate condizioni, rende il deposito temporaneo escluso dal regime autorizzatorio, in quanto qualificato come “attività” e non come fase di gestione.
La prassi di rimuovere i materiali da singoli cantieri, soprattutto se di piccole dimensioni, e concentrarli in un sito diverso, come ad esempio un magazzino aziendale, come ampiamente spiegato nel paragrafo precedente, non rientra nella fattispecie del deposito temporaneo (non è attività ma gestione!)
Qualora una ditta non possa rispettare le condizioni sopra descritte, può richiedere alla Provincia l’autorizzazione alla realizzazione di un impianto di messa in riserva di rifiuti speciali.
La messa in riserva è un’operazione di recupero che si sostanzia in forma di stoccaggio di rifiuti avviati a recupero. Questa operazione è definita al punto R13 dell’Allegato C alla Parte Quarta del Codice Ambientale.
Le operazioni di stoccaggio di rifiuti destinati a operazioni di recupero (messa in riserva) possono essere assoggettate a:
Le operazioni di messa in riserva, nel caso di rifiuti non pericolosi, possono essere effettuate in procedura semplificata anche nei centri di messa in riserva non localizzati presso gli impianti di riciclaggio e recupero.
In questo caso, però, le norme tecniche per il recupero in procedura semplificata devono stabilire le caratteristiche impiantistiche di tali centri, le modalità di stoccaggio e i termini massimi in cui i rifiuti devono essere avviati alle operazioni di recupero e riciclaggio.