L'attività di manutenzione si caratterizza per essere una prestazione d'opera posta in essere da un'impresa che comporta ordinariamente la sostituzione e la rimozione di materiali di vario genere...ma qual è la corretta gestione dei materiali generantisi da tale attività?
Vediamo prima cosa si intende per "materiali tolti d'opera".
I cosiddetti “materiali tolti d’opera” sono quei materiali derivanti da attività di manutenzione di strutture o macchinari.
Essi non costituiscono per l’azienda “scarti” o “rifiuti” in tutti i casi, ma spesso è espressa la volontà di reimpiegare alcuni di questi materiali in riparazione o sostituzione di altre opere o attrezzature.
Nel caso delle manutenzioni eseguite su infrastrutture (pubbliche o private), essi sono esplicitamente disciplinati dall’art. 230 del D.Lgs. 152/06, mentre per tutti gli altri casi non vi è ad oggi una normativa specifica di riferimento.
È necessario dunque basarsi sulle definizioni di cui all’art. 183 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. al fine di distinguere ciò che dovrà essere necessariamente considerato rifiuto da ciò che può essere invece riutilizzato dall’azienda.
In linea generale, i materiali derivanti da manutenzione, in base alla possibilità o meno del loro riutilizzo, possono essere dunque classificati in due modi:
Si sottolinea nuovamente, tuttavia, come la materia sia piuttosto controversa in quanto secondo alcuni Autori il “riutilizzo” costituisce un’operazione che può essere svolta solo da un soggetto imprenditoriale autorizzato, nonostante la definizione normativa (art. 183, c.1, lettera r) sembri a prima vista ricostruire uno scenario ove i materiali passivi del riutilizzo non siano considerati rifiuti.
Come premesso, per dare evidenza della volontà di non disfarsi del materiale tolto d’opera che potrebbe essere riutilizzato, esso deve essere sottoposto a valutazione tecnica. Si ritiene che le modalità descritte nel seguito, pur mutuate dall’art. 230 del D.Lgs. 152/06 (specifico per le infrastrutture), siano applicabili anche alle operazioni di manutenzione delle strutture/macchinari presenti in un’azienda.
Nel caso in cui l’azienda intenda procedere al deposito, finalizzato al riutilizzo, di materiali tolti d’opera senza dimostrarne l’idoneità tecnica con la documentazione di cui sopra, si configurano le condizioni per “abbandono di rifiuti”, così come definito dalla normativa.
Le relative sanzioni sono definite dall’art. 255 c.1 del D.Lgs. 152/06: “chiunque (…) abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro. Se l'abbandono riguarda rifiuti pericolosi, la sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.”
Inoltre, non applicando nemmeno le corrette modalità di gestione amministrativa dei rifiuti, si è sottoposti alle sanzioni di cui all’art. 258 c.1: “I soggetti (…) che omettano di tenere ovvero tengano in modo incompleto il registro di carico e scarico di cui al medesimo articolo, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro.