La direttiva sul Reporting di Sostenibilità - CSRD è legge. Cosa cambia e per chi

12 gennaio 2023 / Elena Masia

Lo scorso 16 dicembre è stata pubblicata in gazzetta ufficiale la nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) – Direttiva (UE) 2022/2464 - che cambia le regole della rendicontazione societaria di sostenibilità a partire da gennaio 2024.

Il documento - che modifica sostanzialmente la direttiva 34/2013 – rientra nel pacchetto di norme UE sulla finanza sostenibile, in linea con il Green Deal e l’Accordo di Parigi.

Obiettivo? Migliorare la qualità, la trasparenza e la comparabilità delle informazioni societarie di sostenibilità per avvantaggiare un sistema economico e finanziario europeo sostenibile ed inclusivo, e contrastare il greenwashing; di fatto, un altro tassello verso la just transition.

Ora gli stati membri hanno 18 mesi per recepire le nuove disposizioni nella legislazione nazionale (entro, quindi, luglio 2024).

Perché nuove regole

È sempre più rilevante far capire ai propri portatori di interesse come si opera e come si stanno affrontando o si intendono affrontare le sfide ambientali e sociali, attuali e future, definendo il proprio profilo di rischio e di sostenibilità.

È una questione di dati, di misura, sostanzialmente. Servono sempre più informazioni quali-quantitative per analizzare e valutare prestazioni, rischi, impatti e opportunità...e profilare, così, imprese o singole operazioni.

A chiederle, infatti, queste informazioni, sono, in primo luogo, investitori o i gestori di patrimoni – per indirizzare i capitali e soddisfare gli obblighi informativi della Sustainable Finance Disclosure Regulation -, e i partner commerciali per valutare i livelli di responsabilità della propria catena del valore e orientare accordi e forniture.

Risulterà, dunque, sempre più strategico per un’impresa - grande o piccola che sia - dare conto in modo oggettivo del proprio contributo alla transizione sostenibile, fornendo - senza troppi oneri amministrativi - dati e informazioni di qualità, accessibili (nel senso di comprensibili e facilmente reperibili), verificabili e comparabili.

Obiettivi che, secondo la Commissione UE, l’attuale legislazione (NFRD - direttiva 2014/95/UE) non era in grado di conseguire e che, invece, la CSRD intende raggiungere, fornendo un quadro di riferimento europeo – unico e obbligatorio - per la rendicontazione societaria di sostenibilità.

Destinatari

I nuovi obblighi di rendicontazione si applicheranno a tutte le grandi imprese (secondo la direttiva contabile n. 34/2013) – compresi enti di interesse pubblico significativo, banche e assicurazioni -, e a tutte le società quotate sui mercati regolamentati dall’UE, comprese le PMI, ed escludendo dal perimetro solo le microimprese.

Sono comprese anche le filiali di gruppi esteri che fatturano in Europa più di 150 milioni di euro annui.

A partire dal 2024, saranno coinvolte dunque, via via, quasi 50.000 imprese in Europa; più del triplo rispetto alle circa 11.700 attuali (in Italia si passerà da 200 a circa 4-5.000 soggetti coinvolti).

Di seguito si riportano i tempi di applicazione previsti a seconda del soggetto coinvolto:

  • esercizio finanziario 2024 e rendicontazione nel 2025, per le imprese già soggette alla DNF (d. lgs. 254/2016);
  • esercizio finanziario 2025 e rendicontazione nel 2026, per le imprese che ricadono nell’ambito della CSRD e non producevano già una DNF;
  • esercizio finanziario 2026 e rendicontazione nel 2027, per le PMI quotate che ricadono nell’ambito della CSRD, con l’opzione di non applicare la nuova normativa (“opt-out option”) per due anni (ovvero fino al 1° gennaio 2028), salva la necessità di spiegare perché si è deciso di avvalersi di tale opzione; stessa data di adozione per le istituzioni creditizie piccole e non-complesse e le imprese assicurative “captive”;
  • esercizio finanziario 2028 e rendicontazione nel 2029, per le filiali di imprese extra-UE che ricadono nell’ambito della CSRD.

Le principali novità

Doppia materialità obbligatoria. Sulla base di questo principio (già introdotto in Europa da alcuni anni), le aziende saranno tenute a misurare e a divulgare i dati sull’impatto significativo che esse generano sul pianeta e sulle persone e/o quelli relativi ai rischi e la variabili di sostenibilità a cui sono soggette in modo rilevante (primi fra tutti, gli effetti del cambiamento climatico). Una doppia prospettiva di rendicontazione, dunque, guidata pur sempre dall’analisi di materialità.

Standard comunitari di rendicontazione. Le aziende saranno obbligate ad utilizzare i nuovi standard europei: gli European Sustainability Reporting Standards – ESRS) sviluppati dall’EFRAG - European Financial Reporting Advisory Group.

Lo scorso 22 novembre sono state presentate alla Commissione le prime 12 bozze: 2 standard trasversali - su requisiti e informative generali -, 5 ambientali - con particolare focus sugli obiettivi climatici europei -, 4 sui temi sociali (con particolare attenzione al coinvolgimento della catena del valore) e 1 dedicato alla condotta aziendale.

La stessa Commissione li emanerà nella loro versione definitiva, tramite atti delegati, entro il 30 giugno 2023; entro l’estate successiva, saranno, invece, rilasciati gli standard di settore e quelli semplificati per le PMI quotate.

Tutti gli standard sono sviluppati rispettando i criteri di convergenza e comparabilità (quindi di interoperabilità) con gli standard internazionali (compresi quelli elaborati dall’International Sustainability Standards Board - ISSB e i GRI Standards) e riflettono le esigenze informative del quadro regolatorio europeo (Taxonomy, SFDR, etc.).

No alle relazioni distinte: le società dovranno inserire le informazioni di sostenibilità all’interno della relazione di gestione (in una sezione chiaramente identificabile), favorendo, così, l’integrazione e l’accessibilità di tutte le informazioni, finanziarie e non.

Asseverazione obbligatoria: i report saranno soggetti a “limited assurance” - ad opera di revisori legali e società di revisione contabile - per garantire che le informazioni riportate siano affidabili, accurate e conformi ai principi e al quadro regolatorio unionale.

Digitalizzazione: vi sarà l’obbligo di rendere accessibili digitalmente le informazioni sulla sostenibilità. Tutte le informazioni confluiranno, poi, nel punto di accesso unico europeo (ESAP) previsto nel Piano d’Azione dell’Unione dei mercati dei capitali.

Quali informazioni bisognerà divulgare 

Le aziende dovranno fornire informazioni ESG quali-quantitative, sia previsionali che retrospettive, con orizzonti temporali dal breve al lungo termine, descrivendo principalmente:

  1. modelli di business e strategie aziendali
  2. target e obiettivi di sostenibilità
  3. governance
  4. politiche e pratiche aziendali
  5. impatti e rischi e le relative modalità di gestione
  6. indicatori rilevanti

Le informazioni di sostenibilità dovranno riguardare, per quanto possibile, l’intera catena del valore di un’impresa.

Le PMI rendiconteranno limitatamente ai punti 1 e da 4-6.

PMI: quali prospettive

Per le PMI quotate c’è tempo fino al 2026 (o al più tardi 2028) per adeguarsi ai nuovi obblighi di rendicontazione. Per tutte le altre non sono previsti obblighi di reporting, considerando però che:

  • alle PMI della catena di fornitura, le aziende capo-filiera chiederanno sempre più informazioni di sostenibilità (comunque in linea con gli standard semplificati EFRAG e non eccedenti).
  • l’Unione Europea prevede di elaborare ulteriori standard per la rendicontazione volontaria di sostenibilità delle PMI non quotate. Per quest’ultime, tali standard potranno rappresentare un valido strumento per analizzare le proprie performance ESG, rispondendo, così, alle richieste informative della catena economica-finanziaria.

 

Elena Masia
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Elena Masia

Considero l’impresa un sistema aperto, in relazione con il territorio e le istituzioni; un luogo ideale dove poter sviluppare progetti e percorsi utili a garantire lo sviluppo di un business etico, innovativo e sostenibile.