La gestione dei materiali di riporto contenenti amianto: la guida ARPA Veneto

2 febbraio 2018 / Stefano Reniero

CATEGORIA: Rifiuti Terre & Rocce

Dopo aver già trattato il tema, torniamo a parlare di materiali di riporto per affrontare il caso delle matrici che contengono frammenti di amianto. Non è raro, infatti, che nei materiali di demolizione frutto di riporti storici, si riscontri la presenza di amianto compatto.

Dal punto di vista normativo, se da un lato il DPR n. 120/2017 ha fatto un po’ di chiarezza in tema di caratterizzazione e gestione delle terre e rocce da scavo contenenti amianto di origine naturale, dall'altro rimangono diversi dubbi sulle modalità di caratterizzazione nel caso di amianto di origine antropica.

Tra i temi di interesse:

  • la definizione dei valori limite per l’amianto;
  • le modalità di campionamento e di analisi da adottare.

Se per il primo punto è chiaro il valore limite di 1.000 mg/kg quale requisito ambientale per gestire le terre e rocce da scavo come sottoprodotti, meno chiare appaiono le indicazioni in materia di preparazione del campione e delle analisi da adottare (ovvero se queste debbano essere precedute o meno dalla porfirizzazione del campione con conseguente rilascio di fibre libere da una matrice che, in realtà, non è friabile).

Ad un contesto nazionale in cui permangono situazioni di incertezza si contrappone il contesto locale del Veneto nel quale ARPAV nel mese di aprile 2017 (prima della pubblicazione del DPR n. 120/2017) ha  adottato la guida Modalità operative per la gestione delle terre e rocce da scavo e dei rifiuti contaminati dall'amianto.

 

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Di seguito si propone una sintesi di quanto previsto in tema di materiali di riporto, per gli approfondimenti si rimanda alla lettura del documento che, oltre ad affrontare il tema dei riporti, fornisce indicazioni generali nel caso di rinvenimenti di frammenti di cemento amianto.

 

Il parere dell’Istituto Superiore di Sanità: 2 opzioni di gestione

La premessa normativa alla guida ARPAV riporta una nota dell’ISS del 04/02/15 prot. n° 3226 alla Provincia di Milano, ove si indica come nel caso di materiali (terre e rocce) contaminate da frammenti di MCA (Materiali Contenenti Amianto) si possano definire, nell’ambito di un procedimento di autorizzazione ai sensi dell’art. 208 D.Lgs 152/2006 e s.m.i., due opzioni possibili in merito alle modalità di gestione:

  1. Una posizione totalmente cautelativa, ovverosia lo smaltimento del materiale come MCA.
  2. Una valutazione caso per caso della effettiva possibilità di separazione dei frammenti dai cumuli in accordo con le Autorità competenti tra cui le ARPA territorialmente competenti.

Nel secondo caso, in ambito di una CdS (Conferenza di Servizi), in accordo tra i vari enti si potrebbe prevedere:

  • Bonifica dei cumuli dai frammenti con progetto approvato in CdS;
  • Verifica dell’efficacia del trattamento attraverso dei campioni di terreno (UNI 10802:2013);
  • Verifica dell’assenza di frammenti visibili;
  • Ricerca della presenza di amianto totale in campioni rappresentativi del cumulo private dei RCA (Rifiuti Contenenti Amianto).

Nello stesso parere viene proposto, per motivi sanitari, di adottare come metodi e strumenti finalizzati alla verifica dell’assenza di amianto, ovverosia di adottare strumenti in grado di scendere fino a 100 mg/kg (intesi come un 1/10 delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione).

Sull’argomento è intervenuto Vittorio Giampietro il quale, in un recente articolo apparso su Ambiente & Sviluppo 12/2017 dal titolo “I requisiti ambientali in presenza di amianto nel D.P.R. n. 120/2017”, ritiene non più applicabili, in quanto non coerenti con la nuova disciplina per il riutilizzo delle terre e rocce da scavo (inclusi riporti) come sottoprodotti, le seguenti condizioni (a cui era pervenuto l’IIS):

  • assenza di frammenti di cemento amianto visibili;
  • assenza di amianto ovvero amianto inferiore al limite di sensibilità del metodo analitico (inferiore a 1/10 della CSC di 1.000 mg/kg e, quindi, inferiore a 100 mg/kg);
  • rispetto del limite di cessione di cui all’Allegato 3 al D.M. 5 febbraio 1998.

 

Modalità di gestione delle terre e rocce con frammenti di MCA

La guida ARPAV prevede che “I rifiuti di terre e rocce da scavo contenenti frammenti di MCA, e in genere tutti i rifiuti contenenti frammenti di MCA, possono essere sottoposti ad alcune attività di trattamento mediante selezione (fondata sul controllo visivo) finalizzate alla “decontaminazione”, e basate su valutazioni costi/benefici sia sanitari/ambientali che economici, per la riduzione del rischio, ed eventualmente all’avvio a recupero di particolari frazioni “palesemente non contaminate”.”

Nel caso di terre e rocce contaminate dalla presenza di frammenti MCA (e.g. mescolati in una matrice di riporto) rinvenute durante la verifica preliminare o lo scavo, ARPAV prevede che il Gestore operi come segue:

  • sospenda le operazioni di movimentazione del terreno e verifichi la natura dei materiali rinvenuti.
  • se la presenza di amianto è confermata analiticamente comunichi il rinvenimento di amianto all’Autorità Competenti (Azienda Sanitaria Locale competente per provincia per gli aspetti sanitari, Comune territorialmente competente, ARPAV)
  • comunichi il nominativo dell’impresa incaricata alle operazioni di rimozione e bonifica di Materiali Contenenti Amianto (iscritta alla categoria 10 dell’Albo Nazionale Gestori Ambientali presso la CCIAA), la quale presenterà, prima dell’inizio di lavori di rimozione dell’amianto o di materiali contenenti amianto, il Piano di Lavoro di cui all’art 256 del dal D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. Le lavorazioni potranno essere avviate una volta approvate dalle Autorità Competenti.
  • analizzi e avvii a smaltimento il terreno rimosso e privato dei frammenti (attraverso operazioni di selezione e cernita di rifiuti debitamente autorizzate) come RCA (EER 170503*), o con EER 170504 se la concentrazione è inferiore a 1000 mg/kg; in caso di contaminazione inferiore a 1000 mg/Kg, il materiale può essere riutilizzato in sito.
  • avvii a smaltimento i frammenti di MCA come rifiuti pericolosi con l’attribuzione del Codice EER 170605*

In alternativa alla rimozione dei singoli frammenti, l’intera porzione di terra contenente i frammenti potrà essere avviata a smaltimento come rifiuto contenente amianto. A conclusione della rimozione si dovrà effettuare una verifica analitica di pareti e fondo scavo.

Resta da chiarire se l’operazione di selezione che, peraltro, spesso necessita di attività di cernita meccanica o manuale, sia configurabile o meno come attività di trattamento sui rifiuti (R12).

 

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Verifica dell’efficacia dei processi di “decontaminazione”

Per verificare la completa rimozione dei frammenti visibili e l’assenza di fibre libere sulla frazione ottenuta dall'operazione di rimozione dei frammenti si dovrà operare un controllo a due livelli:

  • Livello 1: verifica visiva dell’assenza di frammenti durante la fase di formazione del campione;
  • Livello 2: verifica attraverso microscopia per individuare la presenza di fibre.

I laboratori che eseguono l’analisi sull’amianto nel suolo e terre e rocce da scavo devono essere qualificati ai sensi del Decreto Ministeriale 14 maggio 1996 per la tecnica specifica utilizzata e inseriti nella lista 1 del sito del Ministero della Salute.

Ai fini della verifica microscopica, il metodo di analisi si basa fondamentalmente su due fasi:

  • Fase 1: pretrattamento del campione, osservazione allo stereo microscopio, separazione dei fasci di fibre e/o manufatti potenzialmente contenenti amianto, loro determinazione gravimetrica e identificazione.
  • Fase 2: dispersione, filtrazione e determinazione delle fibre libere non visibili utilizzando metodi analitici indicati dal DM 6/9/94 che permettano di raggiungere un adeguato limite di rilevabilità.

 

Monitoraggio dell'amianto aerodisperso

L’esecuzione delle attività di cernita e smaltimento, laddove se ne ravvisi l’opportunità, può essere oggetto di monitoraggio ambientale per la verifica delle fibre di amianto disperse nell’aria; la citata Linea Guida ARPA Veneto nulla prevede a riguardo.

La normativa italiana per la sicurezza sui luoghi di lavoro (D.lgs. 81/2008) prevede al titolo IX una serie di disposizioni da attuare per la protezione dal rischio di esposizione all’amianto. In particolare all’articolo 254, coerentemente alla direttiva europea, viene indicato un valore limite per l’esposizione pari a 0.1 ff/cm3, misurato come media ponderata sulle otto ore lavorative.

Il DM 6/9/94 prevede al punto 6 “Criteri per la certificazione della restituibilità di ambienti bonificati” una concentrazione media di fibre aerodisperse non superiore a 2 ff/l.

Nel caso di monitoraggio dell'amianto aerodisperso, la cui finalità di è quella di individuare immediatamente una eventuale dispersione di fibre di amianto nell'atmosfera e prendere i necessari provvedimenti al fine di garantire la qualità degli ambienti di lavoro e di vita, quale limite è opportuno utilizzare il livello di riferimento di 1 ff/L, indicato dall'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità - Air Quality Guidelines, 2000) come valore limite di riferimento in ambiente di vita esterno.

La tecnica di campionamento riconosciuta è mediante filtrazione di un volume noto d’aria su una particolare membrana in esteri misti di cellulosa (MCE) del diametro di 47 mm aventi porosità di 0,8μ. Il volume campionato di norma è di 10 l/min (pari a 4800 l nelle 8 ore).

Alla fine del periodo di campionamento la determinazione analitica della concentrazione di fibre è effettuata mediante Microscopia Elettronica a Scansione (SEM).

 

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Stefano Reniero
AUTORE

Stefano Reniero

In Nexteco mi occupo dei nuovi progetti e seguo lo sviluppo commerciale dell'azienda.