Finanza sostenibile: cosa sapere per capirne di più

30 luglio 2021 / Elena Masia

CATEGORIA: Sviluppo Sostenibile, Consulenza e management ambientale, economia circolare

Dai sei principi per l’investimento responsabile promossi, nel 2006, dalle Nazioni Unite, fino al più recente Piano d’Azione per la Finanza Sostenibile della Commissione Europea (2018), le tematiche ambientali, sociali e di governance (i cosiddetti fattori ESG) hanno sempre più caratterizzato le strategie di investimento e i processi decisionali in materia finanziaria.

Questo perché l’Europa, al pari di altri attori della scena economica (in primis, le imprese), sta chiedendo anche al mondo della finanza un contributo sempre più concreto e fattivo per raggiungere gli obiettivi di crescita sostenibile e inclusiva previsti dall’Accordo di Parigi e dal Green Deal.

In che modo? cosa comporta tutto questo per gli investitori e le imprese? quali i concetti chiave da tenere a mente?

Partiamo con il definire cosa sta facendo l'Europa in questi ultimi anni.

Seguendo una roadmap pluriennale, l’Europa sta introducendo misure specifiche volte a:
  • Orientare i flussi di capitali privati verso investimenti sostenibili (e questo grazie ad una serie di criteri come la tassonomia, indicatori di performance, norme e marchi per i prodotti finanziari sostenibili etc.);
  • Valutare e minimizzare (quindi gestire) i rischi finanziari dovuti a fattori ambientali, sociali e di governance (ovvero cercare di garantire una stabilità finanziaria grazie all’integrazione dei fattori ESG nei prodotti finanziari e nelle attività di investimento relative al portafoglio finanziario e alle riserve valutarie);
  • Creare valore nel lungo periodo, contemperando alle esigenze dei diversi stakeholder e rispondendo, così, a bisogni sociali diffusi;
  • Promuovere la trasparenza (di informazione, intenzione, decisione e azione) - a scapito del greenwashing - tra tutti gli attori coinvolti: operatori finanziari, assicuratori, investitori, asset manager, istituti di credito, imprese etc. (cfr. SFDR - Sustainable Finance Disclosure Regulation - Regolamento UE 2019/2088 o la proposta di direttiva comunitaria sul reporting di sostenibilità CSRD - Corporate Sustainability Reporting Directive).

È, dunque, un momento di profondo cambiamento per il mondo della finanza: i flussi di capitale sono indirizzati non più solo dai risultati economici già conseguiti (tradizionale valore di mercato), ma anche dal modello valoriale assunto e dal tipo di orientamento adottato, in linea con gli obiettivi globali di sostenibilità ed equa prosperità.

Per capire meglio la portata di questo cambiamento, abbiamo fatto qualche domanda a Pictet Asset Management, una delle realtà internazionali (appartenente al gruppo bancario svizzero Pictet) più riconosciute e autorevoli nella gestione dei patrimoni e asset management, e realtà pioniera nella finanza sostenibile. A lei si deve, ad esempio, l’istituzione del primo fondo d’investimento tematico ambientale della storia; siamo nel 2000 ed era dedicato, con molta lungimiranza, al tema dell’acqua.

A rispondere alle nostre domande, Desirée Scarabelli, Sales Director e ESG Specialist Pictet Asset Management Italia.

Ecco cosa le abbiamo chiesto.

Cosa si intende per finanza sostenibile? 

La finanza sostenibile è quell’insieme di strategie di investimento che considerano i fattori ambientali, sociali e di governance (ESG) nella composizione e gestione di portafoglio.

In altri termini è l'applicazione del concetto di sviluppo sostenibile all'attività finanziaria. La finanza sostenibile, quindi, si pone l'obiettivo di creare valore nel lungo periodo, indirizzando i capitali verso attività che non solo generino un plusvalore economico, ma siano al contempo utili alla società e non siano a carico del sistema ambientale. Questo la rende diversa dalle operazioni meramente finanziarie.

Con l’espressione “investimento responsabile” facciamo riferimento a prodotti e servizi che rispecchiano un mutamento profondo negli interessi delle imprese, delle istituzioni e della società in generale. Un mutamento che ha coinciso con un passaggio dal tradizionale paradigma di “shareholder capitalism” (capitalismo degli azionisti) che misura il successo solo in base al profitto, a un modello, talvolta, definito “stakeholder capitalism” (capitalismo degli attori sociali e istituzionali), in cui la necessità di ottenere dei rendimenti interessanti va di pari passo con la volontà di servire al bene comune. Una prospettiva allineata agli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG ONU).

L’investimento responsabile cerca, in altri termini, di coniugare la performance degli investimenti con obiettivi non puramente economico-finanziari. Si tratta insomma di “fare la cosa giusta”, incoraggiando la sostenibilità e contribuendo a cambiamenti positivi duraturi, e al contempo allocando il capitale nel modo più produttivo possibile con un orizzonte di lungo periodo, anziché puntare a guadagni di breve termine.

In termini di rapporto rischio/rendimento cosa differenzia un investimento sostenibile da uno tradizionale?

Investire secondo criteri ESG non è solo utile alla nostra società, ma conviene dal punto di vista economico e finanziario. Infatti, questo tipo di investimento ha dimostrato di ottenere buoni livelli di rendimento a fronte di una riduzione del rischio degli investimenti. Un numero crescente di ricerche accademiche e di analisi di mercato rileva che negli ultimi anni i rendimenti generati dai prodotti di finanza sostenibile sono cresciuti in linea con quelli dei fondi tradizionali, quando non sono stati addirittura superiori.

Parlando di etica e sostenibilità ci sono ancora molti luoghi comuni e pregiudizi. Per molto tempo la finanza sostenibile è stata considerata come sinonimo di filantropia. Inoltre, si pensa ancora che fare il bene del nostro Pianeta sia un sacrificio. Pensiero decisamente sbagliato. Il 90 % delle ricerche riscontra una relazione “non negativa” tra l’attenzione ai criteri ESG e le performance finanziarie di un’impresa. Anzi, nella maggior parte dei casi le aziende più responsabili sono anche quelle più solide nel lungo periodo.

Quali sono le principali strategie di investimento oggi e perché?

Sicuramente il mondo degli investimenti sostenibili ha visto negli ultimi anni un proliferare di prodotti e di conseguenti approcci, alcuni più puntuali altri più semplicistici. Noi come pionieri degli investimenti tematici, e in particolare di quelli legati all’ambiente e alla società, crediamo che l’investimento tematico a impatto positivo sia sicuramente il metodo più efficace per affrontare il tema della sostenibilità. Infatti, la selezione esclusiva o la semplice selezione di aziende già virtuose secondo i parametri ESG è un approccio abbastanza semplicistico. Là dove noi asset manager possiamo veramente fare la differenza, è accompagnando le aziende nel diventare più virtuose e investendo in quelle che stanno lavorando per dare un contributo concreto nella risoluzione di problematiche legate a questioni ambientali e sociali, come ormai facciamo da oltre venti anni con fondi come il Water, il Clean Energy, il Timber o il nostro Global Environmental Opportunities. Quindi noi vediamo l’approccio tematico come qualcosa che vada oltre la semplice etichetta ESG, che possa portare il mondo ad essere un posto migliore.

Quali i trend di crescita del mercato degli investimenti sostenibili (Italia/mondo)?

Nuovi requisiti regolamentari, la crescente attenzione verso gli effetti del cambiamento climatico e degli impatti ambientali delle attività produttive hanno posto il tema della sostenibilità in cima alle agende di molte imprese e governi. La transizione green è al centro della strategia di rilancio post-Covid dell’Unione Europea, che ha espresso l’ambizioso obiettivo di un continente a emissioni zero entro il 2050. In questo contesto, la finanza è uno strumento fondamentale, perché con i giusti incentivi può canalizzare le risorse verso progetti sostenibili. I primi effetti di questi cambiamenti sono già evidenti. Sempre più frequentemente le decisioni dei grandi fondi di investimento integrano, all’interno dell’analisi finanziaria tradizionale, aspetti ambientali, sociali e di governance (ESG), generalmente connessi alla creazione di valore a lungo termine. I dati parlano chiaro: nell’ultimo anno gli strumenti sostenibili hanno fatto segnare nuovi record, specialmente sul mercato europeo, in termini di asset, flussi e sviluppo di prodotti. Le attività relative ai fondi sostenibili europei sono aumentate di circa il 52% nell'ultimo anno, raggiungendo 1.100 miliardi di euro a dicembre 2020. I flussi nel 2020 sono stati quasi il doppio di quelli del 2019. Nel corso del 2020 fondi aperti ed Etf sostenibili operanti in Europa hanno ricevuto 233 miliardi di euro di flussi netti, di cui circa 100 miliardi nel solo quarto trimestre.

Perché l’Europa sta registrando il miglior tasso di crescita in termini di investimenti sostenibili? Tutto merito del Piano d’Azione?

Nel marzo 2018, la Commissione Europea ha pubblicato un "Piano d'Azione per la finanza sostenibile", in cui vengono delineate la strategia e le misure da adottare per la realizzazione di un sistema finanziario in grado di promuovere uno sviluppo autenticamente sostenibile sotto il profilo economico, sociale e ambientale, contribuendo ad attuare l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici e l'Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile.

La Commissione Europea, in attuazione del Piano di azione, ha proposto una strategia dell'Unione in materia di finanza sostenibile, con una tabella di marcia che delinea i lavori e le iniziative future in cui saranno coinvolti tutti i soggetti interessati del sistema finanziario. In particolare, il 24 maggio 2018, la Commissione Europea ha adottato un insieme di proposte legislative. Il pacchetto contiene: una proposta di regolamento che introduce nuovi obblighi di disclosure in capo agli intermediari in merito alle modalità adottate per l'integrazione dei "fattori di sostenibilità" (SFDR) nelle scelte di investimento e nell'attività di consulenza; una proposta di regolamento relativo alla tassonomia delle attività eco-sostenibili (Green Taxonomy), cioè un sistema condiviso di classificazione e certificazione dei prodotti e servizi considerati sostenibili in grado di ridurre il rischio di pratiche scorrette (greenwashing); una proposta di modifica del Regolamento (UE) 2016/1011 che introduce due nuovi indici di riferimento che tengano conto di alcuni aspetti di sostenibilità ambientale; progetti di modifica agli atti delegati, adottati per l'attuazione della MiFID II (Direttiva 2014/65/UE) e della IDD (Direttiva (UE) 2016/97), che richiedono agli intermediari di tenere conto obbligatoriamente delle preferenze della clientela per i fattori ESG nella prestazione dei servizi di investimento e nella distribuzione di prodotti di investimento, anche in relazione alla valutazione di adeguatezza.

L’azione combinata di regolatore, governi e investitori ha fatto in modo che l’Europa abbia dettato il passo negli ultimi anni nell’ambito degli investimenti sostenibili, e sia stata di esempio per il resto del mondo.

L’investitore che premia la sostenibilità deve necessariamente mettere in conto un minor rendimento?

Come abbiamo già visto in precedenza, l’investitore che premia la sostenibilità nella scelta dei suoi investimenti, non solo non deve mettere in conto un minor rendimento, anzi, vedendo migliorare il suo profilo rischio/rendimento, può migliorare la performance e la stabilità del suo portafoglio nel medio-lungo termine.

I principali benefici dell’investimento sostenibile?

Molteplici sono i benefici degli investimenti responsabili che fanno pensare che questi rappresenteranno la “nuova normalità”. Le principali motivazioni che stanno portando a questo cambio di paradigma sono: l’indiscusso impatto positivo sulla performance finanziaria, una più ampia disponibilità di dati, la maggiore consapevolezza di opportunità e rischi, la focalizzazione su aspetti normativi e legislativi, e ultimo ma non certo per importanza, il sentiment del pubblico e degli investitori.

Come si misurano e rendicontano?

I criteri ESG costituiscono una serie di standard usati per misurare quanto è responsabile il modo di operare di un’impresa o di un emittente. Finalmente ora esistono numerosi dati utili per misurare le performance in questo campo, mentre un dialogo ed engagement diretto tra gestori e società in cui investono possono apportare ulteriori contributi alle decisioni d’investimento. In generale, gli investitori responsabili puntano a investire in aziende che adottano già approcci ESG proattivi oppure sono in grado e disposte ad adottarli.

Sicuramente la misurazione e la tangibilità contraddistingue il vero investimento sostenibile dal mero esercizio formale. Ad esempio, noi in Pictet, valutiamo e riportiamo per le nostre strategie tematiche ad impatto l’esposizione agli SDG. In assenza di un quadro di rendicontazione globale standardizzato sugli SDG e dato un certo eccessivo ottimismo che osserviamo in termini di rendicontazione pratiche, crediamo sia nostro dovere fornire ai nostri clienti un’analisi trasparente e basata su regole dell'esposizione agli SDG dei nostri portafogli.

Abbiamo sviluppato un processo proprietario a due livelli, combinando Analisi quantitativa basata sull'intelligenza artificiale con il fondamentale input dei nostri esperti gestori di investimenti nel settore tematico del Team azionario per valutare l'impatto dei nostri investimenti sulla società e sul pianeta.

Inoltre, per determinate strategie, i nostri «Sustainable Report» forniscono dati supplementari sull’impatto ambientale e sociale. Per misurare l’impronta ambientale delle nostre strategie, utilizziamo il modello dei Limiti Planetari, un quadro di riferimento innovativo e rigoroso. Sviluppato dallo Stockholm Resilience Centre, il modello dei Limiti Planetari definisce soglie ecologiche per nove importanti aspetti ambientali individuati dagli stessi ricercatori. Oltrepassando questi limiti si compromettono le condizioni ambientali favorevoli in essere da diverse migliaia di anni.

PMI e finanza sostenibile: binomio possibile?

Quello verso la sostenibilità è un processo irreversibile, che sarà favorito nei prossimi anni da una regolamentazione bancaria mirata a dare incentivi ai finanziamenti per le imprese più sostenibili. Gli effetti di questi cambiamenti arriveranno quindi anche alle PMI, che potranno ripensare alcune scelte industriali per coglierne le opportunità strategiche, in un contesto in cui i profili reputazionali connessi agli ambiti ESG assumeranno maggiore importanza. Un sistema di misurazione delle performance di sostenibilità sarà necessario per conoscere il proprio posizionamento in ambito di sostenibilità e comunicarlo agli investitori/finanziatori, ai propri clienti/consumatori, ai propri fornitori. Sarà importante implementare regole comuni per la misurazione dei fattori ESG. Gli standard di rendicontazione, tra cui quelli della Global Report Initiative (GRI), favoriscono in maniera chiara e univoca un’informativa non finanziaria strutturata, organizzata secondo principi codificati, utilizzabili per la comparabilità delle informazioni e la misurazione delle performance ESG. Sono in rapida crescita di diffusione i rating ESG, idonei a fornire una valutazione integrata dei rischi di impresa.

Le opportunità di mercato rischiano però di non essere sufficienti a promuovere una diffusione delle misurazioni delle performance ESG, soprattutto tra le PMI. I costi connessi alla riduzione degli impatti ambientali, agli investimenti in welfare e formazione, ai meccanismi di compliance e di certificazione, senza adeguati incentivi, rischiano di rallentare il progresso sostenibile nel nostro Paese. Con un tessuto polverizzato di PMI, che in molti casi non potranno permettersi processi di riconversione o di misurazione ESG, un’ampia quota del sistema produttivo italiano rischia di non intercettare questi flussi finanziari. Sicuramente l’armonizzazione degli standard di reporting e gli obblighi di disclosure di dati ESG potrebbero facilitare gli investitori ad accedere alle informazioni non finanziarie anche delle aziende medio-piccole. Politiche fiscali coordinate a sostegno delle PMI potrebbero venire incontro alla crescente esigenza della comunità degli investitori di poter accedere alle informazioni non finanziarie attraverso canali e strumenti univoci, al fine di favorire la diffusione della prassi di valutare i profili di sostenibilità delle PMI.

 

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Elena Masia

Considero l’impresa un sistema aperto, in relazione con il territorio e le istituzioni; un luogo ideale dove poter sviluppare progetti e percorsi utili a garantire lo sviluppo di un business etico, innovativo e sostenibile.