7 cose da sapere sui Composti Organici Volatili (COV)

5 marzo 2018 / Stefano Reniero

CATEGORIA: Aria ed Emissioni

I composti organici volatili (COV) – benzene, acetone, toluene, stirene – sono utilizzati come solventi, disperdenti, correttori di viscosità, plastificanti, conservanti o agenti di pulizia in molte attività industriali (preparazione di coloranti, vernici, resine sintetiche, materie plastiche, prodotti farmaceutici, detersivi, insetticidi, fibre artificiali, esplosivi).

In quanto “organici” i COV sono basati sulla chimica del carbonio (la chimica organica) e sono “volatili” ovvero hanno una marcata tendenza a transire in fase vapore. Per le definizioni di norma è possibile fare riferimento all’art. 268 del D.Lgs. 152/06 che definisce:

  • composto organico: “qualsiasi composto contenente almeno l’elemento carbonio e uno o più degli elementi seguenti: idrogeno, alogeni, ossigeno, zolfo, fosforo, silicio o azoto, ad eccezione degli ossidi di carbonio e dei carbonati e bicarbonati inorganici”;
  • composto organico volatile (COV): “qualsiasi composto organico che abbia a 293,15 K una pressione di vapore di 0,01 kPa o superiore, oppure che abbia una volatilità corrispondente in condizioni particolari di uso”, ai fini della parte quinta del decreto, “è considerata come COV la frazione di creosoto che alla temperatura di 293,15 K ha una pressione di vapore superiore a 0,01 kPa”.

Riassumendo, i COV sono molecole organiche che possono essere facilmente trovate in ambienti gassosi.

 

 1. Cosa stabilisce la legge in materia di composti organici volatili

In merito all’utilizzo di COV la normativa italiana di riferimento è il D.Lgs. 152/2006, in particolare l’art.275 e l’Allegato III alla parte quinta, in cui vengono definiti:

  • Limiti di emissione per specifiche attività;
  • Modalità di monitoraggio e controllo delle emissioni;
  • Criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati;
  • Modalità di redazione del Piano di Gestione dei Solventi (quando previsto).

Il D.Lgs 161/2006, recependo la Direttiva 2004/42/CE, ha poi introdotto nuovi elementi da tenere in considerazione, limitatamente alle categorie di vernici / pitture e alcuni prodotti per la carrozzeria, tra cui limiti massimi specifici nel contenuto di COV, obblighi di etichettatura e metodi analitici utili al calcolo del tasso di COV.

 

2. I COV sono pericolosi per la salute?

Recenti rapporti sanitari hanno messo in evidenza che questi composti rappresentano una fonte di rischio per la salute umana. Alcuni effetti sono a breve termine, come ad esempio forti mal di testa, nausea, irritazione cutanea e ad occhi o vie respiratorie. Altri, invece, sono a lungo termine e ben più preoccupanti: infatti, una prolungata esposizione ai COV può portare in alcuni casi anche a cancro o danni al sistema nervoso.

Per questo motivo, i COV devono essere utilizzati in aree confinate, nelle quali siano previsti opportuni sistemi di aspirazione per la captazione dei vapori. I vapori, una volta trattati per recuperare i materiali, devono essere convogliati verso dispositivi di abbattimento prima di essere dispersi in atmosfera.

 

3. Quali sono i principali sistemi di abbattimento?

La riduzione delle emissioni di COV imposta dalle normative risponde all’esigenza di maggiore sicurezza e salvaguardia della salute negli ambienti di lavoro e nelle zone limitrofe più probabilmente esposte alle emissioni.

Le vie percorribili per raggiungere questo obiettivo sono due:

  • ridurre le emissioni alla sorgente, individuando i processi che permettono di aumentare l’efficacia di utilizzo delle risorse (riducendo gli sprechi e riutilizzando i materiali);
  • utilizzare sistemi di abbattimento a valle del processo produttivo (end of pipe technologies).

I sistemi di abbattimento hanno la duplice funzione di captare i vapori e di abbattere, fino al raggiungimento dei limiti di legge, la quantità di sostanze inquinanti presenti nell’effluente.

Le tecnologie più diffuse sono:

  • combustione: L’effluente da trattare viene immesso in un bruciatore e riscaldato fino ad innescare l’ossidazione che trasforma i COV in acqua, anidride carbonica ed energia termica.
  • adsorbimento (filtro a carboni attivi): utilizza solidi micro-porosi per promuovere la formazione di legami fisici o chimici tra i composti da rimuovere e un solido “attivo” nei loro confronti;
  • biofiltrazione: l’ossidazione biochimica da parte di microrganismi. La degradazione biochimica avviene in condizioni aerobiche con produzione di acqua e anidride carbonica;
  • concentrazione (o rotoconcentrazione): il metodo prevede 3 fasi (i) l’adsorbimento e l’accumulo dei COV su un supporto adsorbente, (ii) l’estrazione dal mezzo adsorbente con una portata d’aria ridotta e (iii) l’alimentazione della portata concentrata e ridotta all’apparecchiatura di abbattimento.
  • condensazione: i vapori inquinanti vengono rimossi dal flusso d’aria contaminato cambiandone lo stato fisico da gassoso a liquido (agendo sulla temperatura o, più raramente, sulla pressione). Nella criocondensazione si utilizza azoto liquido come refrigerante.

4. Quando è necessario presentare la richiesta di autorizzazione?

Nell’Allegato III alla parte V del D.Lgs. 152/06 sono riportate le attività che impiegano solventi e le soglie di consumo superate le quali si applicano le prescrizioni dell’art. 275. Nel calcolo del consumo di solvente sono compresi i solventi utilizzati per il lavaggio delle attrezzature.

Nello stesso Allegato vengono individuati i valori limite:

  • delle emissioni convogliate: i limiti si applicano separatamente per ciascun impianto;
  • delle emissioni diffuse: in questo caso il valore è complessivo.

Il gestore che intende avviare attività ricadenti nell’allegato III ha quindi due possibilità, a seconda che venga superata o meno la soglia limite di consumo giornaliero (o annuale) di solvente:

  • presentare un’apposita domanda di autorizzazione ai sensi dell’art. 269;
  • aderire ad un’autorizzazione di carattere generale di cui al comma 3 dell’art. 272.

L’autorizzazione:

  • ha come oggetto gli impianti, i macchinari, i sistemi non fissi e le operazioni manuali
  • individua il consumo massimo teorico di solvente e l’emissione totale annua massima
  • prescrive la periodicità di presentazione del Piano Gestione Solventi (PGS), quando necessario.

Il rispetto dei limiti deve essere garantito:

  • impiegando la migliore tecnologia disponibile
  • impiegando sostanze alternative ai solventi
  • adottando adeguate misure di abbattimento delle emissioni.

 

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5. Modifiche all’autorizzazione

In base a quanto previsto dall’art. 275, una richiesta di modifica all’autorizzazione già in essere va presentata in caso di:

  • modifiche del consumo massimo teorico di solvente tale da far rientrare le attività svolte in uno stabilimento tra quelle elencate nella parte II dell’allegato III;
  • modifica sostanziale, così come disciplinato dal comma 21 dell’art. 275.

Ai fini della domanda di autorizzazione costituisce modifica sostanziale:

  • una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni >25% (attività di ridotte dimensioni);
  • una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporta un aumento delle emissioni <10%;
  • una modifica che possa avere effetti negativi significativi;
  • una modifica del consumo massimo teorico di solventi che comporti la variazione dei valori limite applicabili.

6. Cos’è il Piano Gestione Solventi?

Il gestore deve fornire all’autorità competente i dati raccolti in conformità a quanto stabilito nell’autorizzazione e comunque almeno una volta all'anno (elaborazione di un Piano di Gestione dei Solventi)

Il Piano Gestione Solventi, che ha lo scopo di determinare le emissioni totali di tutte le attività interessate, è un bilancio di massa che è elaborato dal gestore:

  • con la periodicità prevista dall’autorizzazione
  • almeno una volta all’anno

I contenuti e le modalità di redazione del Piano Gestione Solventi sono disciplinati dalla parte V del già citato Allegato III.

 

7. Quali controlli devono essere eseguiti?

Il monitoraggio delle emissioni dei COV deve essere effettuato in continuo o con misurazioni periodiche.

Per impianti gli che presentano un flusso di massa di COV >10 kg(COT)/h deve essere effettuata la misurazione in continuo, mediante l’installazione di apparecchiature per la misura e per la registrazione delle emissioni, in corrispondenza dei punti di emissione presidiati da dispositivi di abbattimento al punto finale di scarico.

Nei punti di emissione presidiati da dispositivi di abbattimento e con un flusso di massa < 10 kg(COT)/h al punto finale di scarico devono essere effettuate misure periodiche, caratterizzate da almeno tre letture durante ogni misurazione (l'autorità competente può, comunque, richiedere, anche in questo caso, l’installazione di apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni, ove lo ritenga necessario).

Se vuoi saperne di più in materia di emissioni leggi il nostro post sulla dichiarazione FGas!

 

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Stefano Reniero
AUTORE

Stefano Reniero

In Nexteco mi occupo dei nuovi progetti e seguo lo sviluppo commerciale dell'azienda.