Nell’introdurre l’argomento la Direzione Ambiente analizza alcuni aspetti salienti:
- nell’allegato 4 del DM n. 161/2012, la stabilizzazione a calce o cemento veniva annoverata tra le “normali pratiche industriali”. Da questa previsione derivava una procedura monitoria stante la potenziale violazione della direttiva 2008/98/CE (art. 5 – Sottoprodotti) riscontrabile nella “pratica” indicata (EU-PILOT 554/13/ENVI);
- preso atto del EU PILOT, le Autorità italiane (Ministero dell’Ambiente e Ministero concertante delle Infrastrutture e dei Trasporti), per evitare problemi connessi alla paventata apertura di una procedura di infrazione, hanno riconosciuto che la stabilizzazione a calce o cemento potrebbe configurarsi quale operazione di trattamento rifiuti assumendo la conseguente decisione di eliminare, dall’allegato 3 del DPR n. 120/2017, detta previsione tra quelle delle pratiche industriali più comunemente effettuate.
- per contro veniva confermata nell’elenco positivo di cui all’Allegato 3 del D.P.R. n. 120/2017 la pratica relativa all’eliminazione degli elementi e materiali antropici (già presente nell’Allegato 4 del D.M. n. 161/20212)
Sulla base di queste premesse, la Circolare evidenzia come “In conseguenza di ciò, si è sviluppato nel corso della prima fase applicativa del D.P.R., il convincimento che dette operazioni, in quanto riconducibili a quelle di trattamento dei rifiuti, per poter essere intraprese dovrebbero necessariamente essere oggetto di espressa autorizzazione da rilasciarsi preventivamente ai sensi della normativa di cui alla Parte IV del d.lgs. n. 152/2006.
Sul punto in questione, vanno tuttavia formulate alcune ulteriori riflessioni sia di natura tecnica che di merito, a partire dall’allegata relazione al D.P.R. n. 120/2017 e all’iter seguito per la sua approvazione.”
Di che riflessioni di tratta??? La Regione Veneto fa riferimento al parere del 07.04.2017 della Camera dei Deputati – VIII Commissione ed al parere del 13.04.2017 del Senato della Repubblica – XIII Commissione e dopo averli riportati integralmente conclude:
“Ciò posto, tenuto conto quindi che l’elenco di cui all’Allegato 3, riporta le operazioni di pratica industriale più comunemente effettuate, è ragionevole ipotizzare che il ricorso alla pratica della stabilizzazione a calce o cemento delle T&R, possa essere preventivamente autorizzata, caso per caso, nell’ambito del PDU, ma come attività di gestione di rifiuti.”
LEGGI LA CIRCOLARE 217758/2018!
Ve lo confesso… mi resta qualche dubbio!!!
Mi spiego meglio.
Condivido, per averla già provata, la necessità “di porre in evidenza le precauzioni da adottare e le dimostrazioni tecniche (anche analitiche) finalizzate alla salvaguardia dell’ambiente, in modo da dimostrare la fondatezza della scelta fatta” nell’ambito del PDU. Nello specifico ritengo necessario dimostrare che:
- le terre da reimpiegare siano conformi alla Colonna A, Tabella 1, Allegato 5, Titolo V, Parte IV del D.Lgs. 152/2006
- la stabilizzazione a calce sia rivolta unicamente al miglioramento delle caratteristiche geo-meccaniche delle terre stesse;
- i benefici debbano essere esplicitati in termini di prestazioni;
- l’esecuzione della stabilizzazione con leganti idraulici (UNI EN 14227-1:2013 e s.m.i.) sia adeguatamente procedurata al fine di garantire il corretto dosaggio del legante idraulico stesso;
al fine di fornire all’Autorità competente quelle informazioni utili per approvare nell’ambito del PDU, a seguito delle valutazioni istruttorie condotte, la stabilizzazione a calce.
Nella circolare si precisa, però, che “l’opzione sopra riportata sarà percorribile (salvo diverse indicazioni future da parte dell’Autorità centrale), solo per i progetti che riguardano i cosiddetti cantieri di “grandi dimensioni soggetti a VIA”, laddove, a conclusione del procedimento di VIA, segue il provvedimento di approvazione del progetto che comprenderà, oltre agli esiti dell’istruttoria condotta dall’Autorità competente alla VIA, anche l’approvazione/autorizzazione alla gestione delle T&R (PDU) come rifiuti e/o come sottoprodotto, compresa l’adozione di operazioni di pratiche industriali quali la stabilizzazione a calce o cemento.”
Per i cantieri “di piccole dimensioni’’ o di “grandi dimensioni” non soggetti a VIA nella Circolare si prevede che “detta dichiarazione (ex. Art 21 “Dichiarazione di utilizzo per i cantieri di piccole dimensioni” ndr), che sostituisce il PDU, non potrà mai prevedere l’applicazione, alle T&R come sottoprodotto, della pratica della stabilizzazione a calce o cemento; non essendo infatti prevista, nell’ambito del procedimento semplificato in parola, alcuna fase istruttoria finalizzata al rilascio di una esplicita approvazione; ciò preclude quindi all’Autorità competente, di valutare c stabilire condizioni alle quali la stabilizzazione a calce o cemento possa configurarsi come “normale pratica industriale”.
Ed ecco i miei dubbi:
- Perché si attribuisce la qualifica di rifiuto (ovvero “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi” ex all’art. 183 del D.lgs. n.152/06 e ss.mm.ii) ad un terreno che si intende reimpiegare perché previsto dal progetto (e non disfarsene) a seguito di un trattamento che ne migliori le caratteristiche geomeccaniche?
- È possibile per l’Autorità competente all’approvazione del progetto, per quanto supportata da ARPAV, autorizzare l’impiego (o recupero?) delle terre e rocce quale attività di gestione di rifiuti?
- Le Province, alle quali spetta il compito di autorizzare il recupero dei rifiuti in modalità ordinaria (art. 208 del TUA) o semplificata (art. 214 del TUA), devono esprimersi nell’ambito di tale procedura?
- È possibile inserire nel PDU (relativo alle T&R sottoprodotto) una parte dedicata ai rifiuti? O le quote di terreno qualificate rifiuto dovranno essere riportate in altra documentazione (quella tipica dei rifiuti come il reg. C/S)?
Pur apprezzando lo sforzo della Regione di fare luce in una materia tanto dibattuta che ha chiarito che è il Piano di Utilizzo l’ambito nel quale definire, caso per caso, la possibilità di applicare la stabilizzazione a calce resta la mia perplessità, fosse ingiustificata, sul fatto che per l’Autorità competente possa autorizzare l’impiego delle terre e rocce stabilizzate a calce quale attività di gestione di rifiuti.
Inoltre, ritengo che avrebbe fatto bene la Regione a riportare oltre ad i quesiti di Camera e Senato anche le risposte del Governo nella relazione illustrativa di accompagnamento al DPR alle osservazioni delle due commissioni, e cioè:
“Come segnalato in riferimento alla condizione sub 4 del parere della Commissione VIII della Camera dei deputati, la condizione posta dalla Commissione europea per chiudere il caso EU Pilot 554/13/ENVI è la soppressione della stabilizzazione a calce nella elencazione positiva delle normali pratiche industriali, come prevista dall’allegato 3 dal decreto ministeriale n. 161 del 2012.
Per evitare che il caso Pilot citato si tramuti in una procedura di infrazione lo schema di DPR non ricomprende formalmente tra le normali pratiche industriali il trattamento la stabilizzazione a calce.
Ciò nondimeno, le normali pratiche industriali riportate nell’elenco di cui all’allegato 3 rappresentano solo una mera esemplificazione delle attività più comunemente effettuate che possono rientrare in tale categoria. Pertanto, anche se non contemplate in tale elenco, non potrà escludersi che risultino consentite tutte quelle normali pratiche industriali finalizzate al miglioramento delle caratteristiche merceologiche (cfr. anche l’art. 2, comma 1, lett. o), come ad esempio, l’asciugatura, che può essere eseguita sia mediante stesa al suolo (come riportato nell’allegato 3), sia in modo meccanico, per minimizzare l’occupazione di suolo; così come potrà risultare ricompresa tra le normali pratiche industriali l’adozione delle usuali metodologie disciplinate da norme tecniche al fine di conferire le caratteristiche meccaniche, funzionali all’utilizzo finale previsto per il materiale stesso. Si consideri, di contro, che le attività strettamente strumentali ai processi di scavo – quali ad esempio, nell’ipotesi di scavo meccanizzato, la separazione e il ricircolo del fluido bentonitico – debbono considerarsi parte integrante del processo di scavo, in quanto attività inscindibilmente connesse e dipendenti dalla specifica tecnologia della macchina utilizzata.”
A voi giudicare se le conclusioni a cui arriva la Regione vadano, o meno, nella stessa direzione delle indicazioni date dal livello nazionale, tenuto conto che una rapida ricerca sui più comuni motori di ricerca permette di trovare una pressoché sconfinata bibliografia internazionale sulle modalità tecniche circa l’utilizzo della stabilizzazione a calce nei terreni per migliorarne le caratteristiche prestazionali.
In conclusione, non mi resta che segnalare che la circolare della Regione Veneto si aggiunge alle diverse prese di posizione in materia da parte di vari Enti locali, tra i quali si segnalano anche quelli di Regioni confinanti. Ciò non fa che aumentare il rischio che una stessa opera si trovi ad operare in territori contigui con regimi autorizzativi diversi sullo stesso materiale.
… to be continued…