L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/98/CE (Direttiva quadro sui rifiuti) stabilisce che un rifiuto cessa di essere tale qualora sia sottoposto a un’operazione di recupero (incluso il riciclaggio) e risulti conforme a specifici criteri da elaborare nel rispetto delle seguenti condizioni:
- il materiale (sostanza od oggetto) è comunemente utilizzato per scopi specifici;
- esiste un mercato o una domanda per tale materiale;
- il materiale soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
- l’utilizzo del materiale non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
In questo articolo desideriamo fare ordine in materia di End of Waste tra i diversi interventi legislativi e giurispudenziali fino alla recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1129/2018.
La normativa vigente
In Italia la Direttiva comunitaria 2008/98/CE è stata recepita mediante il D.Lgs. n. 205/2010, che a sua volta ha emendato la parte IV del D.Lgs. n. 152/06.
In particolare, l’art. 184-ter riporta i criteri tecnici per la determinazione della cessazione della qualifica di rifiuto, i flussi di materiale che devono essere prioritariamente disciplinati e le modalità procedimentali da seguire per l’emanazione delle norme attuative.
Tuttavia, il legislatore italiano, così come quello comunitario, ha rinviato ad una successiva disciplina la definizione dei criteri specifici sulla base dei quali si potrà decidere se un determinato materiale ha cessato di essere rifiuto.
infatti, il comma 2 dell’art. 184-ter del D.Lgs. n. 152/06 sancisce che “in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto (si provvede) attraverso uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’ articolo 17, comma 3, della Legge 23 Agosto 1988, n. 400”.
Nel transitorio, in attesa dei provvedimenti sopraindicati, il comma 3 dell’art. 184-ter del D.Lgs. n. 152/06, il Legislatore ha disposto che continuano ad applicarsi i criteri definiti dal D.M. 5 febbraio 1998, D.M. 12 giugno 2002 n. 161 e D.M. 17 novembre 2005 n. 269 e l’art. 9-bis, lett. a) e b), del Decreto-Legge 6 Novembre 2008, n. 172, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 Dicembre 2008, n. 210”.
Questo significa che in assenza dei provvedimenti assunti nei termini previsti dal nuovo regime continuano ad applicarsi le disposizioni sul recupero dei rifiuti previgenti al D.Lgs. n. 152/06 anche per quanto riguarda la produzione di EoW, termine che ha sostituito, nell’ordinamento italiano, quello più noto di “Mps”, o materie prime secondarie, già presenti ancor prima dell’emanazione della Direttiva.
La definizione di End of Waste (EoW)
Ai sensi dell’art. 184-ter del D.lgs. 152/2006 un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni:
- la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici;
- esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;
- la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;
- l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana.
Il concetto di cessazione della qualifica di rifiuto (EoW) è quindi articolato richiamandosi a elementi o fattori:
- oggettivi (effettivo uso, sussistenza di un’economia di scambio), relativi cioè all’esistenza di un contesto in cui deve collocarsi l’attività di produzione di EoW;
- soggettivi (rispetto di specifiche tecniche, diminuzione degli impatti negativi sull’ambiente e sulla salute), che hanno cioè a che vedere con i requisiti e le condizioni di esercizio della stessa attività.
Infine, va posta attenzione alla differenza sostanziale tra EoW ed i sottoprodotti, normati a loro volta dall’art. 184-bis: nel caso degli EoW si presuppone sia la presenza di un rifiuto sia l’effettuazione di una operazione di recupero.
La circolare MATTM
Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare con la nota prot. 10045 del 1 luglio 2016 della Direzione generale per i rifiuti e l’inquinamento ha fornito alcuni chiarimenti, circa le modalità applicative dell’art. 184-ter, specificando che: “In definitiva sono individuate tre modalità di definizione dei criteri di EoW, gerarchicamente ordinate. I criteri di cui ai regolamenti europei prevalgono, nell’ambito del loro rispettivo campo di applicazione, sui criteri definiti con decreti ministeriali, laddove abbiano ad oggetto le stesse tipologie di rifiuti. A loro volta, i criteri definiti con decreti ministeriali prevalgono, salvo uno specifico regime transitorio stabilito dal rispettivo decreto ministeriale, sui criteri che le Regioni – o gli enti da questi delegati – definiscono in fase di autorizzazione ordinaria di impianti di recupero dei rifiuti, sempre che i rispettivi decreti ministeriali abbiano ad oggetto le medesime tipologie di rifiuti’’.
Inoltre, nella medesima nota il MATTM ha inoltre evidenziato che le autorizzazioni al recupero dei rifiuti in regime ordinario possono stabilire criteri per la “cessazione della qualifica di rifiuto” specifici per il singolo impianto (End of Waste “caso per caso”), con il solo limite del rispetto delle eventuali normative europee o nazionali di portata generale applicabili.
Ciò vale sia per le autorizzazioni “uniche” rilasciate ai sensi dell’art. 208, d. lgs. 152/2006 (cosiddetto “Codice dell’ambiente”), sia per le autorizzazioni al recupero di rifiuti sostituite – cioè, di fatto, “assorbite” – dalla autorizzazione integrata ambientale (AIA).
LEGGI LA NOTA n. 10045/2018 del MATTM!
Le linee guida dell’Unione europea per l’EoW
La definizione di EoW richiede l’adozione di specifici criteri, che rispettino le quattro condizioni imposte dall’art. 6 della Direttiva 2008/98/CE per la cessazione della qualifica di rifiuto.
A livello comunitario, ma anche nazionale, emerge il problema di porre regole uniformi per la determinazione di tali criteri, in modo da evitare che possano essere utilizzate modalità difformi.
A tal fine il Joint Research Center ha redatto lo studio End-of-Waste Criteria EUR 23990 EN – 2009 dove è stata descritta una metodologia da seguire per incontrare i principi stabiliti dalla direttiva comunitaria. Lo studio definisce tra l’altro:
1. La definizione dei criteri: è necessario procedere a un’analisi del flusso di rifiuti, rispetto al quale si intendono definire i criteri EoW acquisendo i dati relativi a:
- i flussi di materiale e definizione dei criteri di fine rifiuto;
- gli attuali e i potenziali usi delle materie recuperate;
- i processi applicati;
- la legislazione vigente, nazionale e internazionale;
- l’esistenza di requisiti di qualità;
- gli standard e le prescrizioni per l’uso dei materiali recuperati;
- l’attuale mercato e le stime o scenari di sua evoluzione.
2. L’analisi degli impatti: le linee guida prodotte dal JRC definiscono 5 tipologie di impatti da analizzare:
- ambientale e sanitario;
- economico;
- di mercato;
- normativo;
- socio/economico.
Al fine di fornire una migliore uniformità nelle modalità di determinazione dei criteri di EoW lo studio JRC descrive anche una procedura operativa, durante la quale saranno condotte le attività precedentemente descritte. I Regolamenti che approvano i criteri che determinano quando alcuni tipi di rifiuti cessano di essere considerati tali ai sensi della direttiva 2008/98/CE sono approvati dopo una fase istruttoria.
Ad oggi sono stati approvati:
- Regolamento Commissione Ue 715/2013/Ue: rottami di rame
- Regolamento Commissione Ue 1179/2012/Ue: rottami vetrosi
- Regolamento Consiglio Ue 333/2011/Ue: rottami metallici – Ferro, acciaio e alluminio
Anche la Commissione Europea ha redatto una serie di indicazioni nelle “Guideline on the interpretation of key provisions of Directive 2008/98/EC on waste” nelle quali indica come gli Stati Membri e gli enti locali da lui delegati, abbiano facoltà di definire criteri End of Waste su base nazionale e locale.
LEGGI LE LINEE GUIDA DELLA COMMISSIONE EUROPEA!
Le ultime novità
Nei primi mesi del 2018 si sono avute diverse novità in materia di EoW.
La Regione Veneto con Delibera della Giunta regionale n. 120 del 7 febbraio 2018 ha emanto precisi indirizzi “caso per caso“, nell’intento di fornire specifiche indicazioni di carattere tecnico e operativo alle Amministrazioni provinciali e alla Città Metropolitana di Venezia, che rilasciano autorizzazioni ad impianti di recupero rifiuti ai sensi dell’art. 208 del D. L.vo 152/2006.
Nella DGRV 120/2018 si precisa che rientrano nel procedimento di autorizzazione per la definizione dei criteri di cessazione stabiliti “caso per caso” le operazioni di riciclaggio, ove i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini, in grado quindi di far venir meno lo status di rifiuto. Si tratta, quindi, delle operazioni di riciclaggio e rigenerazione specificate dalle voci R2, R3, R4, R5, R6 ed R9 dell’Allegato C alla parte IV del D.L.vo 152/2006.
La Delibera precisa che i rifiuti utilizzati nel processo di trattamento per la cessazione della qualifica di rifiuto devono essere non pericolosi e rispettare il regolamento 850/2004 relativo agli inquinanti organici persistenti e che la procedura per il rilascio dei criteri EoW dovrà analizzare le 5 tipologie di impatti (ambientale e sanitario; economico; sul mercato; normativo; socio/economico) previsti dalla guida JRC EUR 23990 EN – 2009.
Inoltre, vengono fissati i “requisiti della documentazione” che il proponente è tenuto a fornire per la verifica del rispetto delle condizioni fissate dall’art. 184-ter del d.lgs. n. 152/06 e s.m.i.
Di fatto, l’efficacia della DGRV 120/2018 è stata “sospesa” dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 1129/2018 del 28 febbraio 2018 con la quale i giudici della IV sezione hanno stabilito che spetta allo Stato e non alle Regioni il potere di individuare, sulla base di analisi caso per caso e a integrazione di quanto già previsto dalle direttive comunitarie, le ulteriori tipologie di materiale da non considerare più come rifiuti ma come “materia prima secondaria”.
Il provvedimento è giunto al termine di un procedimento partito nel 2016, con un ricorso presentato dal consorzio Contarina proprio contro la Regione Veneto, che nell’agosto di quell’anno aveva negato l’autorizzazione al riciclo all’impianto sperimentale di recupero materia dai prodotti assorbenti in provincia di Treviso.
In altre parole, le Regioni non potranno più stabilire con autorizzazione ordinaria quando il riciclo può dirsi completato, in quanto il potere di determinare la cessazione della qualifica di rifiuto (EoW) compete in prima battuta all’Europa e in seconda allo Stato, ma non anche alle Regioni o enti delegati come le Province. Lo Stato utilizza come strumento legislativo i decreti del Ministero Ambiente.
La sentenza nega che questo potere possa spettare in via subordinata alle Regioni, per contrasto costituzionale con l’articolo 117 della Costituzione (potestà legislativa esclusiva statale in materia di ambiente) in contrasto con quanto previsto dalla nota del MATTM del 2016 nella quale il Ministero aveva stabilito come “In via residuale, le Regioni – o gli enti da queste individuati – possono, in sede di rilascio dell’autorizzazione prevista agli articoli 208, 209 e 211, e quindi anche in regime di autorizzazione integrata ambientale (Aia), definire criteri end of waste previo riscontro della sussistenza delle condizioni indicate al comma I dell’articolo 184-ter, rispetto a rifiuti che non sono stati oggetto di regolamentazione dei succitati regolamenti comunitari o decreti ministeriali”.
La norma in materia di rifiuti è in costante aggiornamento… stay tuned #labnexteco.