Con il nuovo art. 272-bis “Emissioni odorigene” nel D.Lgs. 152/2006 – Parte Quinta, introdotto nel TUA dal D.Lgs. 15 novembre 2017, n.183, viene per la prima volta affrontato dalla normativa statale il tema delle emissioni odorigene che finora era stato sostanzialmente ignorato.Fino ad ora, tuttavia, nella disciplina relativa alla qualità dell’aria e inquinamento atmosferico, ai rifiuti e nelle leggi sanitarie era possibile individuare alcuni criteri atti a disciplinare le attività produttive e di smaltimento reflui e rifiuti in modo da limitare le molestie olfattive.Eccone alcune:
- norme relative ai criteri di localizzazione degli impianti ed aventi lo scopo di limitare le molestie olfattive sulla popolazione attraverso una serie di prescrizioni che fanno capo alle norme in materia di sanità pubblica come il R.D. 27 luglio 1934 n.1265, “Approvazione del Testo unico delle leggi sanitarie” Capo III, artt. 216 e 217 e successivi decreti di attuazione ed in particolare il D.M. 5 settembre 1994;
- norme in materia di inquinamento atmosferico e qualità dell’aria per specifici agenti inquinanti individuati nel Dlgs 152/06 e s.m.i. (allegato III alla parte IV), in cui si fa riferimento ai criteri generali da adottare in materia di bonifica e messa in sicurezza, si legge che essi devono essere condotti in modo da “… evitare ogni rischio aggiuntivo a quello esistente di inquinamento dell’aria, delle acque sotterranee e superficiali, del suolo e sottosuolo, nonché ogni inconveniente derivante da rumori e odori”;
- norme inerenti la valutazione di impatto ambientale, l’autorizzazione integrata ambientale e l’autorizzazione alla gestione dei rifiuti.
- linee guida regionali e/o direttive tecniche, seguite dall’autorità competente in fase di rilascio delle autorizzazioni (es. Regione Lombardia DGR 15 febbraio 2012 “Determinazioni generali in merito alla caratterizzazione delle emissioni gassose in atmosfera derivanti da attività a forte impatto odorigeno”).Il nuovo articolo 272-bisL’art. 272-bis “Emissioni odorigene” stabilisce, in linea di principio, che la normativa regionale e le stesse autorizzazioni rilasciate dall’autorità competente possono prevedere misure per la prevenzione e la limitazione delle emissioni odorigene – derivanti sia da emissioni convogliate che da emissioni diffuse – degli stabilimenti contemplati al Titolo I della Parte Quinta.Tali misure possono anche includere, ove opportuno, alla luce delle caratteristiche degli impianti e delle attività presenti nello stabilimento e delle caratteristiche della zona interessata, e fermo restando, in caso di disciplina regionale, il potere delle autorizzazioni di stabilire valori limite più severi con le modalità previste all’articolo 271:
- valori limite di emissione espressi in concentrazione (mg/Nm³) per le sostanze odorigene;
- prescrizioni impiantistiche e gestionali e criteri localizzativi per impianti e per attività aventi un potenziale impatto odorigeno, incluso l’obbligo di attuazione di piani di contenimento;
- procedure volte a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, criteri localizzativi in funzione della presenza di ricettori sensibili nell’intorno dello stabilimento;
- criteri e procedure volti a definire, nell’ambito del procedimento autorizzativo, portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento;
- specifiche portate massime o concentrazioni massime di emissione odorigena espresse in unità odorimetriche (ouE/m³ o ouE/s) per le fonti di emissioni odorigene dello stabilimento.
La nuova norma impone quindi alle aziende di prendere confidenza con un tema fin qui trascurato e devo ammettere… per alcuni versi un po’ ostico!
Scarica il D.Lgs. 15 novembre 2017,
n. 183 >>
Vediamo assieme gli aspetti principali.
L’unità di misura dell’odore
La misura della concentrazione di odore viene di norma determinata secondo il metodo dell’olfattometria dinamica (norma UNI EN 13725:2004). L’olfattometria dinamica è l’unica metodologia accettata a livello internazionale per la misurazione della concentrazione di odore (European Commission – Integrateci Pollution Prevention and Control, Reference Document on the General Principles of Monitoring – July 2003). La determinazione prevedere l’analisi e lo studio degli odori presenti in campioni d’aria da parte di un gruppo di persone selezionate (esaminatori) che determina la soglia di rilevazione dell’odore contenuto nell’effluente campionato. Il numero delle diluizioni a cui l’odore diviene percepibile è espresso come indice della concentrazione di odore in unità di odore per metro cubo o unità odorimetrica (ouE/m3) che rappresenta il numero di diluizioni necessarie affinché l’odore della miscela in esame non venga più avvertito da un campione di popolazione pari al 50%. Per la misura dell’odore la norma UNI EN 13725:2004 si forniscono le seguenti definizioni:
- la portata di odore (OER – Odour Emission Rate), espressa in ouE/s, è calcolata come prodotto fra la concentrazione di odore [ouE/m3] e la portata dell’aeriforme contenente l’odore [m3/s];
- la portata superficiale di odore o flusso specifico di odore (SOER – Specific Odour Emission Rate), proprio di sorgenti areali ed espresso in ouE/m2s, rappresenta la portata di odore riferita all’unità di superficie; è calcolata come prodotto fra la concentrazione di odore [ouE/m3] e la portata di aria neutra introdotta nella cappa dinamica utilizzata per il campionamento e successivamente dividendo per l’area di base della cappa stessa.
Le linee guida Arpa Lombardia e Provincia Autonoma di Trento
Ben prima dell’introduzione de nuovo art. 272-bis le Regioni e Provincie Autonome hanno cercato di mettere le basi per un comune approccio ai temi delle emissioni odorigene.
La Regione Lombardia nel 2012 ha predisposto, partendo dalle normative presenti in altri paesi e con il contributo di studiosi della materia, le linee guida inerenti “Determinazioni generali in merito alla caratterizzazione delle emissioni gassose in atmosfera derivanti da attività a forte impatto odorigeno” al fine di poter recepire quante più esperienze a riguardo maturate sia da parte delle istituzioni preposte alla prevenzione e limitazione dell’inquinamento, sia da parte della collettività scientifica, e anche dagli operatori del settore e dal pubblico interessato.La Regione Lombardia nella presentazione del documento ha motivato il documento asserendo che “La ragione che sta alla base del documento nasce dalla considerazione che un’attività produttiva per poter esercire senza limitare le attività del vicinato deve considerare anche l’impatto odorigeno che essa provoca e tale impatto deve essere oggettivo, quindi quantificabile e misurabile. Pertanto, già in fase di progettazione bisogna considerare accuratamente le azioni da mettere in atto per prevenire la formazione e la diffusione di tale inquinante e dotarsi di regole gestionali che possano limitare il più possibile il rilascio di sostanze odorigene. Ogni punto emissivo dovrà essere adeguatamente caratterizzato, tenendo conto anche dell’impatto che potrà avere sul territorio. Inoltre, in sede di autorizzazione dovrà essere associato a quel dato punto emissivo una sua portata massima d’odore, che dovrà essere verificata agevolmente sia in termini di emissione che in termini di immissione.”
La Giunta provinciale di Trento nel 2016 ha adottato specifiche linee guida finalizzate a definire un metodo chiaro per la caratterizzazione delle emissioni odorigene e del loro impatto sul territorio circostante con l’obiettivo di ridurre i conflitti fra attività produttive e popolazione, consentendone e favorendone la coesistenza.
Il punto di partenza è la valutazione dell’impatto odorigeno al recettore per risalire alla fonte, per individuare ed imporre, se necessario, limitazioni alle emissioni.
Le linee guida trentine si applicano a:
- tutte le nuove AIA e nuovi impianti di gestione dei rifiuti organici autorizzate dalla Provincia autonoma di Trento
- impianti esistenti soggetti ad autorizzazione ambientale (anche diversi di quelli di cui al punto precedente) in presenza di ricorrenti e significative segnalazioni di disturbo olfattivo da parte della popolazione.
LINEE GUIDA TRENTINE SULL’INQUINAMENTO ODORIGENO
I criteri quantitativi per la verifica degli impatti olfattivi
A livello internazionale, la regolamentazione delle emissioni odorigene è generalmente fondata su due diversi approcci. Prima di affrontare il dettaglio vorrei richiamare i concetti di emissione ed immissione.
Per “emissione” si intende la sostanza introdotta nell’atmosfera ed è misurata in base alla portata volumetrica, la temperatura e la velocità.
Per “immissione” si intende la concentrazione di determinate sostanze nell’aria, misurata da una stazione di rilevamento (generalmente situata vicino al suolo) presso il recettore ed è misurata in base alla quantità presente in unità di volume.
La misura delle emissioni, in riferimento ad una particolare sorgente, può essere espressa come:
- concentrazione dell’intera miscela: trattandosi di odore dell’intera miscela di sostanze chimiche, la concentrazione di odore è espressa in unità odorimetriche (ouE/m3) e viene determinata mediante l’ olfattometria dinamica;
- concentrazione di singoli composti chimici: l’odore dipende dalla concentrazione del singolo composto odorigeno e sono individuati limiti per le concentrazioni di specifici composti, ritenuti più significativi (Ammoniaca, Solfuro di idrogeno, Mercaptani), espressi tipicamente in termini di rapporto massa-volume. Tali limiti sono stabiliti sulla base di valori che indicano la soglia di percettibilità, oppure scelti in riferimento ai potenziali impatti tossicologici delle sostanze chimiche.
A causa della notevole varietà dei processi industriali e delle sorgenti (puntuali o areali attive/passive), i limiti prescrittivi si riferiscono, di solito, a specifiche sorgenti (soprattutto puntuali o areali attive) e a specifici impianti (in particolare impianti di compostaggio).
Curiosando qua e là nelle autorizzazioni alle emissioni rilasciate dalle provincie si possono trovare interessanti esempi. Eccone alcuni:
- concentrazione di odore: 300 ouE/m3
- ammoniaca: 5 mg/Nm3
- acido solfidrico: 5 mg/Nm3
- carbonio organico: 20 mg/Nm3
Per quanto riguarda le “immissioni”, i criteri di accettabilità al recettore sono, tipicamente, espressi in termini di concentrazione (ouE/m3) rilevata in un tempo medio e facendo riferimento ad una frequenza di esposizione (98° delle concentrazioni orarie – su base annuale – di odore, alle quali applicare il fattore peak-to-mean per tenere conto delle fluttuazioni istantanee di odore).
Le concentrazioni di odore al recettore sono stimate usando appropriati modelli a dispersione, allo scopo di verificare la conformità delle emissioni ai criteri di impatto definiti, che possono variare anche rispetto alla tipologia dell’area. Tali limiti hanno natura predittiva e stabiliscono livelli di concentrazione odorigena molto bassi, non rilevabili attraverso le metodologie di misura attualmente disponibili.
L’attività di campionamento
La sorgente emissiva deve essere caratterizzata in modo esaustivo mettendo in evidenza tutti i processi potenzialmente odorigeni.
Lo studio prodotto deve relazionare valutazioni quantitative rispetto ad un set di indicatori scelti allo scopo di descrivere la sorgente stessa in termini di frequenza, intensità, durata, offensività ed estensione spaziale delle attività odorigene.
Prelievo di campioni per olfattometria dinamica
Si prevede il ricorso ad un laboratorio che possa eseguire campionamenti olfattometrici in accordo con i requisiti della norma EN 13725:2003. Le metodiche di campionamento impiegate permettono di prelevare campioni da:
- flussi aeriformi convogliati (es: condotti di adduzione; camini di espulsione effluenti);
- flussi aeriformi da superfici estese a ventilazione naturale, tramite metodi che prevedono l’isolamento e la ventilazione artificiale della superficie emissiva;
- aria ambiente, aria da locali di lavorazione; sfiati da sorgenti fuggitive con portata volumetrica non misurabile.
I campioni sono prelevati nel corso di campagne di campionamento (definite “monitoraggi olfattometrici”), ciascuna della durata di una giornata.
Per la predisposizione del piano di campionamento è necessario effettuare un sopralluogo nel quale individuare le sorgenti di odore principali e valutare la possibilità di introdurre accorgimenti allo scopo di ridurre la produzione di emissioni odorigene ed incrementare l’efficienza dei sistemi di abbattimento di odore.
Prelievo di campioni per determinare la portata di odore (OER – Odour Emission Rate)
Quando si effettua una misura non è sufficiente misurare la concentrazione di odore, ma si deve tenere conto anche della portata gassosa associata alla sorgente di odore, perché nella maggior parte dei casi queste due grandezze sono correlate fra loro.
Il parametro fondamentale da considerare è la portata di odore (OER – Odour Emission Rate), espressa in unità odorimetriche al secondo (ouE/s), e ottenuto come prodotto della concentrazione di odore per la portata gassosa. La portata gassosa volumetrica deve essere valutata in condizioni normali per l’olfattometria: 20°C e 101.3 kPa su base umida.
La tecnica usata per il campionamento dipende dalla tipologia di sorgente (Gostelow et al., 2003; Bockreis e Steinberg, 2005) ed è importante tanto quanto il metodo di misura.
Si distinguono:
- Sorgenti puntuali: l’odore è emesso da un singolo punto, normalmente in maniera controllata attraverso un camino.
- Sorgenti volumetriche: sono tipicamente degli edifici dai quali fuoriescono degli odori, sia intenzionalmente attraverso condotti a ventilazione naturale, sia non intenzionalmente attraverso porte, finestre o altre aperture. La stima dell’OER in questi casi è complicata, in quanto è difficile misurare una concentrazione di odore rappresentativa e generalmente non è possibile definire un flusso preciso. Per effettuare una valutazione dell’OER si deve cercare di misurare la velocità dell’aria in corrispondenza delle aperture, oppure stimare la portata gassosa che fuoriesce dall’edificio mediante l’utilizzo di opportuni gas traccianti.
- Sorgenti areali: si hanno delle emissioni da superfici solide o liquide piuttosto estese. Si possono distinguere superfici emissive areali con flusso indotto o attive (sono sorgenti con un flusso di aria uscente quali biofiltri o cumuli areati) e senza flusso indotto o passive (l’unico flusso presente è quello dovuto al trasferimento di materia dalla superficie all’aria sovrastante quali le discariche e le vasche degli impianti di depurazione acque reflue). Il limite fra sorgenti areali attive e passive è fissato per convenzione ad un flusso volumetrico specifico pari a 50 m3/h/m2 (procedura per la valutazione dell’impatto odorigeno da attività produttive – ARPA FVG)
PROCEDURA ARPA FVG 2017 PER LA
VALUTAZIONE DELL’IMPATTO ODORIGENO
ARPA FVG evidenzia che la stima dell’OER per le sorgenti passive risulta essere piuttosto complicata, in quanto è difficile misurare una concentrazione di odore rappresentativa, e soprattutto determinare una portata di aria ben definita.
Per queste ragioni al fine di valutare l’OER è necessario impiegare dei metodi particolari di campionamento denominati metodi a cappa. Il principio sul quale si basano tali metodi è quello di isolare una parte della superficie emissiva con una cappa, e di misurare la concentrazione di odore all’uscita da essa.
Per la valutazione dell’OER è necessario passare attraverso il calcolo di un altro parametro significativo, ossia il flusso specifico di odore (SOER – Specific Odour Emission Rate), espresso in unità odorimetriche emesse per unità di superficie e di tempo (ouE/m2/s).
Al fine di valutare la SOER è necessario impiegare dei metodi particolari di campionamento denominati metodi a cappa. Il principio sul quale si basano tali metodi è quello di isolare una parte della superficie emissiva con una cappa, e di misurare la concentrazione di odore all’uscita da essa.